La Confezione: Da “Rimar” a “Mari”, di artigianato e determinazione
Nel periodo del secondo dopoguerra, il ruolo della moda in Italia è stato
determinante, influenzando profondamente l’immaginario e la cultura del Paese.
A partire dagli anni ’60, con il “boom economico”, il fenomeno del
Made in Italy ha preso piede, rivoluzionando il settore tessile e in
particolare l’Alta Moda.
Tuttavia, la moda italiana non è fatta solo di Alta Moda, ma anche di
piccole realtà artigianali che, nate inizialmente con timore, sono cresciute
nel tempo, dando vita a grandi marchi. Tra queste, un esempio emblematico è
l’azienda Mario Pucci Cecconi, una ditta familiare che, grazie alla
sua rete di laboratori artigianali — le cosiddette “confezioni” —
distribuite in tutta la Toscana, ha saputo conquistare anche i mercati esteri.
Una di queste confezioni aveva sede a Ghizzano. In questo contesto, spiccano le
figure di Maria Menciassi e Rita Falossi, due donne che, insieme, hanno scritto
una parte significativa della storia dell’artigianato tessile locale.
Maria e Rita, nate entrambe nel 1947, rispettivamente il 3 dicembre e il 5
novembre, sono cresciute come vicine di casa e compagne di scuola a Ghizzano.
Dopo aver frequentato le scuole elementari, non proseguirono con le scuole
medie, non essendo obbligatorie e non essendone presenti nel loro comune. Tra i
10 e i 15 anni, entrambe impararono il mestiere di sarta: Rita da sua madre,
Maria da una signora che lavorava in una confezione di capispalla che faceva
riferimento a una ditta di Empoli, oltre che dalla sorella Lida. Inizialmente
si trattava di piccoli lavori, come rammendi sulle tovaglie, ma ben presto
acquisirono competenze più avanzate, imparando a lavorare a maglia e a
ricamare.
Un momento cruciale nella loro carriera artigianale fu il 1962, quando
incontrarono Mario Pucci grazie a una conoscente di Palaia, che lavorava per
lui. Mario Pucci, nato nel 1930 a Castelnuovo d’Elsa, era il più giovane di
quattro figli e proveniva da una famiglia molto unita. A soli 16 anni lasciò
gli studi per dedicarsi al lavoro, inizialmente nel commercio di cereali. Nel
1956, grazie al supporto della sua famiglia, fondò l’azienda di confezioni Mario
Pucci Cecconi. Con il tempo, l’impresa crebbe, e furono proprio le piccole
confezioni sparse sul territorio toscano, come quella di Palaia, a diventare un
elemento fondamentale per la sua espansione.
Maria e Rita, inizialmente chiamate affettuosamente “le bimbe” da
Mario Pucci, iniziarono a lavorare per la Mario Pucci Cecconi già a 15 anni,
cucendo a casa loro completi per bambini e grembiuli. Ben presto, iniziarono a
realizzare capi più complessi per donna. Dopo cinque anni di lavoro a
domicilio, nel maggio del 1968, aprirono il loro primo laboratorio, pur essendo
ancora giovanissime. A 20 anni, non essendo maggiorenni (all’epoca la maggiore
età era raggiunta a 21 anni), dovettero farsi accompagnare in pretura a
Pontedera dai genitori a firmare per l’apertura del laboratorio.
La prima società, chiamata Rimar (unione dei nomi delle due donne),
fu allestito “in bodola”, una corte del paese, sotto la Chiesa di San Germano e
Prospero, dove le famiglie Menciassi e Falossi vivevano, in una stanza presa in
affitto. Qui, insieme a cinque operaie tra cui la sorella Lida, che
inizialmente lavorava solo a tempo parziale, iniziarono a costruire la loro
attività.
Fino al compimento dei loro 21 anni era il padre di Maria a ritirare i
materiali da lavorare; una volta raggiunta la maggiore età e conseguita la
patente, iniziarono a farlo da sole (quando il carico era troppo grande erano i
furgoni della Mario Pucci Cecconi a portarli a Ghizzano). Di solito Rita si
recava a Castefiorentino, passando da Montaione (la Fi-Pi-Li non esisteva
ancora) mentre Maria andava a Palaia per prendere gli accessori. La stoffa per
le camicette era già pretagliata, quindi il lavoro della confezione consisteva
nell’assemblare i pezzi e aggiungere gli accessori, di solito bottoni. Periodicamente
Mario Pucci controllava il lavoro realizzato dai laboratori diffuse sul
territorio.
Con il tempo, la piccola confezione divenne troppo stretta per contenere il
numero crescente di operai, e nel 1971 le due donne si trasferirono in un
laboratorio più grande, sempre a Ghizzano, in Via Mercantino. Questo nuovo
spazio, più ampio e luminoso, permetteva di accogliere oltre 20 operaie. Fu in
questi anni che l’azienda si divise in due società, ciascuna intestata a una delle
due titolari, per rispettare le normative in materia di artigianato.
Nel 1977 Maria e Rita decisero di riunire le due società in un’unica entità,
cambiando il nome in Mari, cioè unendo i loro due nomi in modo
diverso. Questa nuova fase coincideva con il consolidamento dell’attività, che
si specializzava sempre di più nella produzione di camicette da donna,
soprattutto in seta e tessuti misti, una delle specialità della Mario Pucci.
Con il “boom economico” degli anni ’60, la richiesta di abbigliamento
raffinato e di qualità crebbe notevolmente.
Nel 2006, l’azienda Mario Pucci cessò la sua attività produttiva, anche se
gli uffici rimasero attivi per la gestione degli immobili. Lo stesso anno,
Maria e Rita decisero di chiudere definitivamente il laboratorio, dopo 40 anni
di intensa attività. Gli ultimi due anni furono caratterizzati da un lavoro
ridotto, con solo quattro persone — le due titolari, Lida e Sonia — a portare
avanti l’attività. La crisi del settore, aggravata dalla concorrenza dei
produttori cinesi e dai costi sempre più elevati per l’artigianato, fece
diminuire la clientela, portando infine alla chiusura.
Nel 2008, dopo una lunga carriera, le due donne si ritirarono
definitivamente, iniziando a godersi la pensione e i loro nipoti. Oggi, nell’ex
laboratorio, sono rimaste solo quattro macchine da cucire, inutilizzate, come
un silenzioso testimone di un’epoca ormai conclusa.
La storia di Maria e Rita è un esempio di passione, determinazione e spirito imprenditoriale. Le due sorelle di vita, supportate dai rispettivi mariti, hanno saputo affrontare le difficoltà del mercato e portare avanti una tradizione artigianale che è stata un pilastro per la comunità di Ghizzano. Ma non erano sole: altri due laboratori artigianali operavano a Ghizzano, uno specializzato nella confezione di capispalla e l’altro nella lavorazione delle tomaie per calzature. Oggi, quella tradizione artigianale è una memoria di un’epoca che ha visto crescere piccole imprese locali in grado di competere con i grandi marchi, portando avanti il lavoro e la qualità che solo l’artigianato può garantire.