“Te devi rimanere te”: Alessandro Ciulli, il pittore immaginifico di Fabbrica
Sulla cima della rocca di Fabbrica sorge la casa-museo di
Alex Ciulli. L’appartamento natale di Alessandro è appena stato ristrutturato e
ospita di nuovo tutte le opere dell’artista. Si accede a questo suo mondo
privato tramite una scaletta delimitata da una ringhiera rossa. L’ambiente è
molto arioso e dalle finestre è possibile ammirare il castello di Fabbrica e tutta
una costellazione di borghi sul versante sinistro della valle: Montecatini Val
di Cecina, Orciatico, Lajatico, Chianni, Rivalto e Terricciola.
Alessandro Ciulli nasce a
Fabbrica il 7 aprile 1951 e scompare prematuramente il 1° aprile 2012, poco
prima di compiere 61 anni. A Fabbrica trascorre la sua infanzia ed è ricordato
dagli amici e dai compaesani con il soprannome di “tenda”, per l’interesse mostrato
verso i nativi americani, durante un gioco di costruzione di un accampamento
indiano. Diplomato all’Istituto d’arte di Cascina e poi iscritto alla Facoltà
di Lettere dell’Università di Pisa, è un appassionato di arte e poesia.
Numerosi sono i testi su cui studia, grandi pile di libri di letteratura ed
arte su cui l’artista si forma nella sua stanza. Ecco perché Alex per il resto
della vita rimane un autodidatta che ha piacere a spiegare agli altri le varie
correnti che attraversano la storia dell’arte.
Tra la fine degli anni ‘60 e
l’inizio degli anni ‘70 Alex resta affascinato dai movimenti giovanili che lo
portano a girovagare per l’Europa, in particolare in Germania e in Olanda, dove
stringe diverse amicizie. Dopo un periodo di ricerca sembra trovare un nuovo
equilibrio e maggiore serenità anche grazie all’incontro con la spiritualità
buddhista, che lo porta a frequentare il centro di Pomaia.
Ama profondamente la natura dei luoghi che lo circondano, come
i paesi che vede dalla finestra e che ha più volte reinterpretato
sovrapponendovi un particolare filtro elaborato dalla sua mente. Dopo la morte
di Alessandro, il fratello minore Fabrizio decide di far conoscere il pittore,
riunendo gran parte delle opere da lui realizzate durante il lungo percorso
artistico, che sono infatti oltre cinquecento. Si stima che la produzione
conosciuta sia soltanto la metà dell’intero lavoro di Ciulli, che era solito
regalare ad amici e conoscenti le sue opere o scambiarle con oggetti di poco
conto, talvolta anche con un paio di pacchetti di sigarette.
I dipinti raccolti dal fratello Fabrizio appartengono tutti al
periodo compreso tra il 1969 e il 2011, l’anno precedente la morte dell’artista
e la produzione copre dunque un arco di quaranta anni. L’iniziale predilezione di
Alessandro Ciulli per le opere di Picasso, Dalì, Carrà, De Chirico e Savinio influenza
le realizzazioni degli inizi, più statiche, ma molto più cromatiche. Possiamo
riconoscere un forte influsso della metafisica di De Chirico nell’opera di
apertura “Le dimensioni del delirio” del 1969 in cui Ciulli, a soli 18 anni, raffigura
un manichino colorato sullo sfondo di un tramonto; l’anno successivo nel 1970,
in “Last hope” grida tutta la sua angoscia per la vita.
Alessandro Ciulli, che si è quasi esclusivamente dedicato
alla pittura ad olio, passa nel corso del tempo dall’espressione del tormento
giovanile a un generale rasserenamento. Partendo dalle prime esperienze
pittoriche si può comprendere la continua sperimentazione, ma anche la cifra
dell’artista, che matura un suo stile peculiare. I paesaggi diventano quasi esclusivamente
i soggetti della sua opera, si colorano di tinte più tenui, tendenti al verde, al
celeste chiaro oppure al grigio. Il pittore con l’esperienza raggiunge un suo
equilibrio nella raffigurazione e nel cromatismo dei paesaggi, mentre le
composizioni sono volutamente disarmoniche: un solo elemento, infatti,
raffigurato in primo piano, diventa il protagonista dell’opera. Di volta in
volta può essere un ciuffo d’erba, una palma, un albero che diventa gigantesco,
un fiore di papavero, una pianta di borragine sfiorita. È frequente che la
tranquillità della natura raffigurata sia sovrastata da nuvoloni grigi o marroni,
che a ben guardare nascondono figure di animali. Allo stesso modo succede che
un enorme cipresso, messo in primo piano e ingrandito a dismisura, svetti sotto
un cielo di luna piena. Oppure, in certe opere prevale il simbolismo della
natura, la pittura di un albero che rappresenta anche un profilo umano. Il
verde-grigio predomina sugli altri colori e la pittura può essere definita
“clorofilliana” (termine coniato da Massimo Guidi).
Spesso Ciulli prende spunto dagli edifici caratteristici della
campagna toscana: il palazzo Mazzetti di Montelopio, le logge di Peccioli, la
chiesa di Libbiano, l’oratorio di San Rocco e alcuni angoli di Fabbrica
arricchiti da piante di limoni o casolari in rovina immersi nel verde. In tutte
queste opere prende il sopravvento, sul realismo, l’utilizzo di un particolare,
quello della linea: i profili degli edifici sono netti e messi in evidenza da
linee scure e spezzate, che diventano lo strumento per rappresentare
l’architettura rurale toscana, con i suoi mattoni a faccia vista, le sue pietre
squadrate, le sue volte.
Nonostante le tinte si affievoliscano e si passi dai toni caldi
ai toni freddi resta nella composizione una voluta frammentazione, che
caratterizza tutta la sua produzione. Un’inquietudine forse che rimane, al di là
dell’armonia trasmessa dai colori, e che si manifesta nella decisione di
cancellare i titoli attribuiti alle varie opere, ad eccezione dei dipinti a lui
più cari, che non vorrà mai vendere e da cui non vorrà mai separarsi: “Pini
dorati” e in particolare “Lo scrigno” che il fratello deciderà di riprodurre in
ceramica sulla sua tomba.
Il pittore elabora inoltre un suo particolare alfabeto che utilizza nella scrittura di poesie, appunti, annotazioni. Purtroppo, queste composizioni scritte sono andate perdute, forse distrutte, perché il fratello Fabrizio, dopo la morte dell’artista, non ne ha quasi più trovato traccia. In particolare, Alessandro Ciulli ha desiderato lasciare evidenza del suo pensiero scrivendo in vari angoli del paese frasi con l’alfabeto “segreto” da lui ideato. Ad esempio, su alcuni lampioni di Fabbrica Alessandro ha lasciato scritto una frase che decifrata è: “Te devi rimanere te”.
Questo articolo nasce a seguito di un’intervista a Fabrizio, fratello minore di Alessandro, che tutt’oggi si adopera senza tregua per promuovere e far conoscere l’arte di Ciulli. Nel luglio del 2015, grazie alla sua intraprendenza e tenacia, Vittorio Sgarbi visitò la casa natale di Alessandro prendendo visione delle sue opere.
E’ possibile visitare la casa museo di Alessandro Ciulli, inviando una mail a fabrieanto@tiscali.it, oppure a fabriziociulli55@gmail.com