Una ferrovia di fine Ottocento
“Chissà come erano le facce di quelli che comprando l’Eco dell’Era leggevano delle moderne strade ferrate e nutrivano la speranza di vederne realizzata una in Valdera!
Il progresso avanzava e dalla costruzione della Leopolda negli anni ’40 del secolo XIX (il tratto ferroviario che univa Firenze al porto di Livorno) niente sarebbe stato più uguale al passato sotto il cielo della Toscana. Muoversi e spostare merci ora era facile e veloce! I cittadini della Valdera quando arrivavano a Pontedera, magari in un giorno di mercato, potevano ammirare il vapore attraversare il paese e sognare un giorno di vederlo anche nel proprio. In Toscana come in tutta Italia in quegli anni scoppiò la febbre del treno! Peccioli, Lajatico, Ponsacco, Capannoli, Volterra, Terricciola, Lari, Pomarance, Volterra e Pontedera si mossero. Volevano la ferrovia! Una strada ferrata per la Valdera. Furono versati fiumi di inchiostro, ci furono interminabili riunioni, speranze, battaglie. Nessuno si risparmiò e qualcuno dedicò interi anni a lottare in ogni sede per la realizzazione di questo collegamento. Il treno aveva conquistato molti toscani e ognuno voleva portare il proprio contributo indicando quali fossero i migliori percorsi e compiendo analisi economiche delle risorse su tutto il territorio che la strada ferrata avrebbe attraversato. L’apertura di nuove strade per migliorare trasporti di merci e di persone ha sempre costituito la chiave di volta per lo sviluppo di città, borghi e paesi. Essere attraversati da un’arteria importante di comunicazione costituiva la fortuna di quelle comunità come l’essere esclusi da una strada carrabile o ferrata poteva essere una grave minaccia per la sopravvivenza dei commerci e per la demografia.
Quindi per Peccioli, come per altri paesi, la realizzazione della tramvia o ferrovia della Valdera rappresentava una speranza importante per non rimanere isolata nel sistema dei trasporti locali. Peccioli non poteva rischiare di compromettere il proprio sviluppo e, conscia dei rischi che con la mancata realizzazione avrebbe corso, lottò strenuamente. Soprattutto politicamente. I suoi cittadini non fecero mai mancare il sostegno ai propri rappresentanti e ognuno fece la sua parte: compreso l’Eco dell’Era, in prima fila negli anni in cui uscì.
All’indomani della costruzione della Strada Ferrata Leopolda, alcuni tecnici e studiosi avevano immaginato che essa costituisse solo l’arteria principale del sistema ferroviario toscano e che da essa dovessero partire bracci secondari per ulteriori collegamenti. Nel 1846 era stata inaugurata anche la strada ferrata da Lucca a Pisa che costituiva un’ulteriore importante arteria ferroviaria e che consentiva di collegare Lucca con la rete toscana che si andava sviluppando.
Uno degli atti del lungo dibattito intorno alla strada ferrata della Valdera fu compiuto il 14 febbraio 1860 quando il Consiglio Comunale di Volterra promosse la costruzione di una ferrovia che percorresse la Valdera. I due promotori furono il Conte Camillo Guidi e Tito Gangini che illustrarono al Consiglio i vantaggi che avrebbe portato una ferrovia che congiungesse Pontedera alle Saline di Volterra. L’opera era considerata di grande utilità, considerando anche il fatto che i cittadini interessati erano 128.656 sui 233.754 dell’intera provincia pisana. Le attività commerciali che avrebbero usufruito maggiormente della ferrovia sarebbero state quelle che basavano il loro sviluppo sull’esportazione dei propri prodotti e il cui collegamento diretto con altre ferrovie avrebbe potuto permettere una maggiore fluidità nello spostamento delle merci. I volterrani erano convinti che la prosperità e la ricchezza della nostra provincia dipendessero in gran parte dalla costruzione di questa strada ferrata. Altri municipi si esprimevano favorevolmente sulla questione: il consiglio distrettuale di Peccioli, quello di Pontedera e quello di Lari. Il 21 maggio 1860 si riunì per la prima volta il Consiglio Compartimentale per rispondere alle richieste di costruzione della ferrovia. Venne nominata una Commissione che presentò un rapporto nell’adunanza dell’11 giugno dello stesso anno e successivamente il Consiglio compartimentale commissionò all’ingegner Evangelista Lombard degli studi preliminari per la realizzazione della ferrovia. Il 17 settembre l’ingegner Lombard presentò il suo studio: l’opera sarebbe costata, compreso il materiale mobile e la realizzazione delle stazioni, Lire 10.020.332 e si sarebbe sviluppata su 49 chilometri.
Per tutti gli anni ’60 del XIX secolo si susseguirono riunioni e iniziative e i due partiti quello per la ferrovia Pontedera-Moje (Saline di Volterra) attraverso la Valdera e quello Poggibonsi-Moje si fronteggiarono a lungo e sembrò prevalere quest’ultimo. I comuni della Valdera non si davano per vinti e tra i più attivi troviamo Lari, Volterra e Peccioli.
La febbre del treno era scoppiata a Peccioli. Fu il primo paese ad esserne colpito e forse la malattia si propagò in tutta la provincia prendendo le mosse proprio da qui. Il Ministero dei lavori pubblici rispose alle insistenze dei Comuni e del Compartimento dichiarando di non voler concorrere alle spese per la realizzazione della ferrovia perché la riteneva un intervento infrastrutturale di interesse locale e non governativo, rimettendo l’incarico alle Comunità direttamente interessate. Le Moje si allontanavano.
Intanto nel 1863 era arrivato il treno a Saline di Volterra. Il 20 ottobre dello stesso anno fu inaugurata la Cecina-Saline di Volterra (29 Km). Si era cominciato a parlare di questo collegamento già in atto dell’8 marzo 1860. Saline di Volterra era stata protagonista di molti studi per essere collegata ad altri centri. Si voleva creare in Toscana una rete ferroviaria regionale così da non avere una serie di tronchi ferroviari isolati uno dall’altro. Dopo molte proposte e progetti la ferrovia collegherà Saline e Volterra quasi cinquant’anni dopo. La linea ferroviaria fu infatti inaugurata il 15 settembre 1912.
Tornando alla Valdera e al tanto agognato collegamento, nel 1865 fu il turno del deputato Giuseppe Toscanelli. Secondo lui non solo si doveva collegare Pontedera con Saline passando per la Valdera, ma si doveva proseguire fino in Maremma, avvicinando Pontedera e Firenze (l’allora capitale d’Italia) al Mezzogiorno d’Italia.
Il Governo centrale in quell’anno optò per il collegamento tra Poggibonsi e le Moje invece che quello attraverso la Valdera. Il Consiglio distrettuale di Volterra intanto esaminava un’altra memoria, quella del Conte Camillo Guidi e di Augusto Schneider volta a dimostrare come fosse da preferire il collegamento verso Pontedera invece che quello verso Poggibonsi ed esortava tutti gli organismi di governo a prendere tale decisione. A quella di Volterra si aggiunsero le istanze di Peccioli, Lari e Pontedera.
Le cose si mettevano per il meglio e il 1866 sembrò l’anno della svolta. Si era deciso di approvare la realizzazione delle strade ferrate Piombino-Cornia, Pontedera-Moje, compresa la vallata dell’Era e Pisa-Collesalvetti.
Ma la mancata realizzazione della Lucca-Pontedera-Volterra e di molte altre “ferrovie secondarie” è da ricercarsi in una forma di campanilismo dei municipi coinvolti.
Gli anni passavano e nuove linee tramviarie e ferroviarie venivano realizzate. Nel 1884 era inaugurata la tramvia Pontedera-Pisa, tre anni dopo entrò in funzione anche la Navacchio-Calci e nel 1892 la Pisa-Marina di Pisa. In Valdera la determinazione non mancava e si provò a proporre la realizzazione di una tramvia che collegasse Pontedera a Volterra e alle Saline, con diramazione per i Bagni di Casciana di Lari. A breve distanza di tempo però l’interesse provinciale si appuntò nuovamente sulla costruzione della strada ferrata, perché sembrava che l’idea dell’una precludesse qualsiasi ipotesi dell’altra.
L’ipotesi di tramvia impegnò la deputazione provinciale per quasi un anno, quando nel marzo 1886, si discussero i costi per la realizzazione della nuova tratta di tramvia, ma tutto si risolse in un nulla di fatto, lasciando cadere qualsiasi iniziativa infrastrutturale che collegasse la bassa con l’Alta Val d’Era.
Come si può capire, la ferrovia Lucca-Pontedera-Saline era vista come l’unica possibilità di trasporto che avrebbe contribuito a formare le infrastrutture base per lo sviluppo di tutta la zona.
Nel settembre 1912 era entrata intanto in funzione il tratto Saline-Volterra. Il 1913 sembrò convalidare la certezza ormai acquisita per la costruzione della ferrovia. Nonostante le motivazioni locali e gli incentivi del governo centrale la Pontedera-Saline di Volterra non venne mai realizzata. Oservando le vicissitudini di tale progetto è possibile individuare due ragioni determinanti: la difficoltà di accordare i differenti interessi gravitanti sulla realizzazione di un tronco ferroviario e la mancanza di capitali da destinare alla costruzione delle ferrovie da parte di un paese da poco tempo giunto alla propria unità e impegnato ad affrontare problemi sul piano nazionale e internazionale”.
Tratto da L’eco dell’Era, Michele Quirici, pp. 23-57