Luca Sacchini e la sua tesi di laurea sulla Chiesa di San Verano
Luca Sacchini nasce il 5 novembre 1986 e da sempre vive a Peccioli, in Via Cavour. Frequenta a Pontedera il Liceo Scientifico XXV aprile, poi si laurea nell’anno accademico 2012-2013 in Ingegneria Edile-Architettura (Laurea magistrale a ciclo unico) con una tesi dal titolo: “Il complesso di San Verano a Peccioli: dall’analisi delle vicende storiche al progetto di restauro”.
Tale lavoro si colloca sulla scia dell’insegnamento di “Restauro architettonico”tenuto dal prof. Pietro Ruschi. Questa sua tesi infatti prosegue e completa uno studio durato quattro anni, che riguarda la storia dell’edificio, sia dal punto di vista archivistico, sia da quello architettonico, fino agli aspetti strutturali, presentando così un approccio multidisciplinare all’argomento.
“Come accade spesso per le cose più belle e interessanti”, scrive Luca Sacchini nell’introduzione, “l’argomento è stato scelto quasi per caso, visto che inizialmente la Pieve di San Verano non rientrava nell’elenco ufficiale dei temi dell’anno”. “Parlando con il professore era emersa tuttavia la possibilità di scegliere, eventualmente, proprio la chiesa che ho avuto davanti agli occhi tutta la vita; la mia camera ne fronteggia la facciata principale. Un’occasione più unica che rara, mi ero detto, che mi ha dato la possibilità di approfondire tutti quei dubbi che sempre mi avevano incuriosito del “mio” paese e della “mia” chiesa, passeggiando tra i vicoli, leggendo sporadicamente alcuni scritti e udendo i discorsi delle persone”.
“Riguardo le motivazioni che mi hanno spinto a intraprendere questo tema, certamente pesa il fatto che in questo modo sono riuscito a coinvolgere vari ambiti della mia formazione universitaria, a proseguire gli studi sulla chiesa iniziati con l’esame di restauro, oltre che ad esprimere l’interesse per gli aspetti strutturali più attuali degli edifici in muratura…”. Luca si definisce una persona molto tecnica, ma anche nostalgica… e riconosce proprio nel restauro la sintesi perfetta tra questi due elementi.
“Confesso che ogni volta in cui, dubbioso, mi domando il perché di questo percorso accademico, mi affaccio dalla finestra di camera mia, e la sola vista della chiesa, del campanile, del parcheggio multipiano sottostante, delle case, delle vecchie fortificazioni e della natura che circonda tutto mi basta come risposta”.
“La chiesa di Peccioli, nella Diocesi di Volterra, è infatti situata a ponente del centro del paese quasi sulla cima del colle, dunque nel perimetro dell’antico castello, al contrario di molte pievi medievali, che spesso sorgono al di fuori della cinta muraria. Orientata verso est, ha la facciata principale che si apre ad occidente su una terrazza panoramica che domina la Valle dell’Era. Dall’altra parte, si affaccia sulla piazza principale del paese, dove sono poi sorti anche gli edifici dai quali si guidava la vita amministrativa, politica e giudiziaria: il Palazzo Pretorio e quello del Municipio”.
“San Verano secondo me, per come l’ho apprezzata è meravigliosa, non è una chiesa romanica ordinaria, come molte altre. Ti avvicini a questa chiesa da Piazza del Popolo, che è in discesa. Ci giri attorno e vedi tre lati della chiesa, ed essi sono tutti uno diverso dall’altro, la canonica fa parte del contesto. La cosa bella è che la facciata principale, posta sul retro, ha una terrazza che domina tutta la valle. Non è afflitta dall’abitato, è raccolta dal paese, ma allo stesso tempo lo domina, forte della presenza dell’alto campanile”.
Fasi di trasformazione della Chiesa
Una parte consistente del lavoro di tesi è dedicata alla ricostruzione delle trasformazioni subite dall’edificio, nell’arco della sua storia millenaria. Risulta plausibile che quando passò San Verano, nel 590 d.C., esistessero delle casupole e una chiesa collocata in diversa posizione rispetto a quella attuale, forse anche esterna alla cinta muraria. Sono poche le informazioni documentarie relative alla costruzione medievale della pieve di Peccioli e per i tempi della fondazione si cade nell’enigmatico. L’evoluzione della chiesa può essere sintetizzata in sei fasi distinte, durante le quali si assiste all’allargamento dell’edificio primitivo ed altre trasformazioni.
Nella prima fase, quella comprendente la fondazione, nei secoli precedenti il mille, la chiesa si trovava fuori dall’abitato, si parla di una fabbrica protoromanica, di cui abbiamo pochissime notizie certe. Il fatto che sicuramente la pieve fosse profondamente diversa da quella attuale è testimoniato dalla presenza
- di un portale tamponato e intonacato sulla facciata tergale, potrebbe essere testimonianza di un’abside esterna che si poggiava sul terreno mediante un basamento.
- Il tamponamento dal profilo regolare presente sul lato lungo della chiesa pare un accesso laterale.
Presupporre valide queste ipotesi significa che la larghezza della chiesa fosse già quella attuale e che il piano di calpestio interno alla chiesa fosse più alto di quello attuale.
La seconda fase è quella corrispondente all’espansione, in seguito a cui le dimensioni raggiunsero quelle attuali, in un periodo corrispondente al XII secolo. Si realizzò un marcato dislivello tra la zona destinata ai fedeli e quella per la celebrazione liturgica. Si eressero colonne in cotto, si realizzarono il cleristorio e le coperture a capriate e venne aperto un nuovo ingresso laterale (molto più ampio del precedente). Due elementi fortemente distintivi di questo periodo risultano: la scalinata ad ovest e l’arcone presbiteriale.
La terza fase è il primo periodo di cui si possono rintracciare documenti scritti, pur mancando tuttavia notizie certe sulle vicende costruttive si può affermare che la scalinata monumentale fu abbattuta e sostituita da un portico esterno addossato all’intero perimetro dell’edificio, insieme alla realizzazione della canonica e delle cappelle più importanti, quella dell’Assunta, nel 1580 che ospitava l’omonima compagnia e quella del Santissimo. Pare che alla realizzazione del cleristorio, le uniche finestre presenti fosse delle monofore in linea con lo stile romanico dell’edifico (in alternanza con losanghe); una cronaca del 1688 riporta che si sviluppò un incendio all’interno della chiesa che bruciò anche l’organo posizionato sulla cantoria, sopra l’ingresso principale.
La quarta fase dei restauri avvenuti nel 1834 ad opera dell’Architetto Federigo Fantozzi sappiamo che contemplarono le seguenti modifiche:
- Stuccatura delle colonne con relativi basi e capitelli (previo scalpellinamento delle parti aggettanti);
- Creazione nella parte finale della navata centrale di un’abside coperta da calotta decorata con un affresco raffigurante l’Ascensione di Cristo;
- Copertura del soffitto originario in capriate lignee con un altro ribassato;
- Abbassamento del piano di calpestio interno;
- Trasformazione in facciata del fronte posteriore.
Nel 1833 viene deciso da un comitato paesano uno stanziamento di fondi per erigere il campanile, come indica la scritta incisa sopra di esso “A spese del Popolo 1834”. I lavori cominciarono nel 1885, e terminarono, non senza polemiche, 13 anni dopo.
Nella quinta fase ci riferiamo agli interventi effettuati dalla fine del XIX secolo, quando si finisce di “manomettere” la pieve, fino agli anni Settanta, in cui furono portati a termine la maggior parte dei lavori di ripristino; numerose e parziali sono state le operazioni intraprese, ma, da questo periodo abbiamo la possibilità di inquadrarli con certezza a livello temporale, in quanto se ne ritrova traccia negli archivi della Soprintendenza di Pisa.
In questo stesso periodo, tutto il processo di modifica si interrompe, come riportato da Mario Bartoli in “Quattro chiacchiere sulla storia di Peccioli”.
“Alcuni anni prima del secondo conflitto mondiale il valore dell’edificio venne riscoperto dall’allora parroco Mons. Giuseppe Merlini, il quale con opera tenace appassionata(…) si dette da fare per trovare il finanziamento dei lavori che erano necessari per riportare il monumento al suo antico splendore. Intanto il loggiato venne abbattuto e la bifora con la colonnetta marmorea rivide la luce, con stupore e meraviglia di tutti, dalla parte esterna. Il fronte posteriore venne liberato dall’intonaco (e dalla figura del povero San Verano). Ma i soldi tanto attesi non arrivarono. Arrivò invece la guerra e con essa alcune cannonate che danneggiarono, per fortuna in maniera non grave, il fianco di destra. Poi, finalmente, un po’ come riparazione di guerra, un po’ come lavori di ripristino, qualche soldo arrivò. Fu possibile così eseguire sotto la Soprintendenza ai Monumenti, un primo lotto di lavori, più importanti e indispensabili… Le colonne in cotto furono liberate dalle sovrastrutture di stucco e i capitelli in pietra… Un ulteriore contributo ha permesso infine di rifare in buona parte su questo stesso fronte le cornici, i capitelli, i rombi ed altro che erano stati massacrati dal tempo e dall’incuria. Il fronte posteriore è stato sistemato con la chiusura degli orribili finestroni e della porticciola, mentre sono stati tolti i prolungamenti esterni che mascheravano la cuspide formata dalla navata centrale. Su questa sono apparse due lesene, e più in basso una grande apertura a d arco che scende fino quasi a terra. Questa apertura è stata lasciata provvisoriamente chiusa in attesa dalla sistemazione definitiva dell’interno. Nel quale, mediante saggi eseguiti sul pavimento, presso l’ingresso principale, è stato ritrovato l’originale piano…”
La sesta fase è l’ultima fase della ricostruzione storica effettuata da Luca Sacchini, che porta il complesso ad avere l’aspetto dei giorni nostri. La novità più importante è la trasformazione della Cappella dell’Assunta in Museo di Arte Sacra nei decenni passati. L’edificio è stato infatti sottoposto dal 2006 a un importante campagna di restauro, che attraverso interventi al soffitto, alle porte e al coro lignei, nonché alla pavimentazione, ha reso la Cappella dell’Assunta sede naturale per la conservazione delle opere che provengono dalle chiese pecciolesi.
Proposta di restauro e riqualificazione
“Molto resta da fare ancora per riportare la chiesa a rivivere nella sua antica bellezza: il soffitto intonacato dovrebbe essere rimosso per dare libero sfogo alla navata centrale fino all’antico soffitto (gli affreschi potrebbero essere strappati e collocati sulle pareti nude della cappella della SS.ma Assunta); la sistemazione del fronte posteriore e, infine, l’asportazione dell’attuale pavimento. Altro lavoro grosso ma che, al momento, presenta difficoltà insormontabili, sarebbe quello di rifare la gradinata di accesso all’ingresso principale. Per farla però occorrerebbe poter disporre pienamente dei fondi che ne hanno occupato lo spazio e che sono di proprietà privata”[1].
Se contrariamente a quanto espresso sopra, ci rifiutiamo di proporre la rimozione del controsoffitto affrescato, che ormai come l’abside e le finestre termali fa parte integrante della composizione architettonica della chiesa, sicuramente permane la necessità di manutenzione delle facciate, il rifacimento della scalinata di accesso e gli eventuali interventi sui fondi sottostanti e sugli spazi urbani adiacenti.
L’obiettivo primario delle operazioni sulle facciate è quello di realizzare una generale pulitura della pietra e del laterizio dai fenomeni di degrado, ma è necessario che almeno esternamente si intervenga rimuovendo la vegetazione spontanea. Inoltre sembra opportuno togliere l’intonaco dove presente, e procedere ad una nuova intonacatura diffusa su tutto il paramento, in maniera del tutto similare alla parete esterna del Museo. Gli elementi antropici come i cavi elettrici vengono canalizzati esternamente sottoterra, così da rimanere celati alla vista; si cerca di mimetizzare i pannelli di copertura delle utenze tramite verniciatura della stessa tonalità del muro. Al posto delle serrande metalliche si prescrive di posizionare dei portoni in legno e ferro battuto, eventualmente dotati di apertura automatica.
Molti sono i reperti ancora non esposti nel Museo dell’Arte Sacra, l’obiettivo finale è pertanto quello di offrire la possibilità di esporre alcuni di questi beni. L’ambiente retrostante alla cappella del SS.mo, oggi adibito a locale di sgombero e in forte stato di degrado, viene riqualificato come ampliamento del Museo, considerate la posizione, le dimensioni e la presenza di arredi fissi di pregio; si propone dunque la rimozione del soppalco ligneo, l’apertura di un passaggio di collegamento al Museo con rampa annessa per superare il dislivello dei piani di calpestio e il restauro della macchina scenica da esporre, tuttora in disuso.
Questa parte della proposta d’intervento, indubbiamente la più esplicita e affascinante, riguarda la sistemazione esterna della chiesa: così tanto è stato detto del suo rapporto con il contesto urbano che sembra doveroso agire risolvendo una situazione lacunosa tipica dei centri storici nostrani. La piazza antistante il prospetto meridionale infatti è attualmente sede dell’ingresso a negozi e residenze; l’intenzione è quella di rimuoverne i parcheggi sul lato della chiesa, di numero limitato e di demolire anche il parapetto in laterizio che delimita la passeggiata dalla piazza vera e propria che nasconde parzialmente la facciata, fondendo in pratica le tre scalinate oggi presenti per realizzare un’unica gradinata di 17 alzate realizzata in pietra panchina, che funga quasi da podio mediante cui la chiesa si innalzi per recuperare la centralità formale che le spetta.
Luca Sacchini, intervista realizzata a Peccioli il 4
dicembre 2020, Tesi di Laurea dal titolo “Il complesso di San Verano a
Peccioli: dall’analisi delle vicende storiche al progetto di restauro”, Mario
Bartoli, “Quattro chiacchiere sulla storia di Peccioli”, Arianna Merlini, Tra
chiassi, vicoli e strade attorno alla Castellaccia.
[1] Mario Bartoli, “Quattro chiacchiere sulla storia di Peccioli”