Luigi Bulleri: il Sindaco della ricostruzione, un uomo giusto e benvoluto
Luigi Bulleri nasce a Portoferraio il 6 dicembre 1910 da Angelo (1884-1917) e Maria Moretti (1887-1980), due giovani pecciolesi trasferitisi per lavoro con le rispettive famiglie all’Isola d’Elba, nei primi anni del Novecento. Nel 1912 i Bulleri traslocano in Francia ad Homecourt, nel Dipartimento di Mezt, dove il padre Angelo lavora come caposquadra in una fabbrica metallurgica (era già capo reparto a Piombino). Qui nel 1913 nasce il fratello di Luigi, a cui il padre dà nome Gori, in onore del poeta anarchico elbano Pietro Gori. Quando la Francia viene invasa dalla Germania e prende avvio la Prima Guerra Mondiale con l’apertura del fronte occidentale, Angelo con tutta la famiglia ritorna in Italia (1914).
Nel 1915 però l’Italia entra in guerra con l’Austria e Angelo è chiamato alle armi con il grado di Sergente nel Corpo dei Bersaglieri. Nel 1916 nasce la terzogenita Alice, a Peccioli, che il padre purtroppo riuscirà a vedere una volta soltanto. Nel medesimo anno Angelo è promosso Sergente Maggiore e messo a capo di una squadra di assaltatori. Nel settembre del 1917, in un’azione tesa a rompere le linee austriache a Carzano, in Valsugana, resta ucciso in battaglia[1]. Per essersi distinto in modo eroico in questa azione, gli viene conferita la Medaglia d’argento al Valore Militare, orgogliosamente custodita oggi dai nipoti.
La moglie Maria, rimasta sola a trent’anni con tre figli e con una piccola pensione di guerra, deve affrontare una vita molto dura. Luigi e Gori, fin da piccoli, si danno da fare con piccoli lavori per aiutare l’economia familiare. Luigi, terminate le scuole elementari, va a imparare il mestiere da un fabbro, mentre Gori aiuta la madre nei lavori di campagna. Nonostante la miseria e tanti sacrifici, Maria riesce a crescere i figli secondo gli ideali del padre che hanno appena conosciuto. Luigi e Gori si formano secondo i valori della giustizia e della libertà, sono due antifascisti e durante la Seconda Guerra Mondiale e negli anni ad essa vicini sono perseguitati politici.
Luigi, in particolar modo, viene arrestato nel 1943 e incarcerato al Don Bosco di Pisa con l’imprecisa accusa di aver aderito a un’associazione antifascista. La polizia lo preleva durante la notte in Vicolo Pitti, dove è la sua abitazione. Viene poi scarcerato con un condono, ma rimane per lui l’obbligo di residenza a Peccioli. Dopo alcuni mesi, non sappiamo precisamente la durata della carcerazione, forse grazie all’interessamento di personaggi influenti di Peccioli o forse grazie alla motivazione della medaglia al valore conferita a suo padre durante la Prima Guerra Mondiale, sul casellario giudiziario di Luigi, al posto del confinamento compare un più blando ammonimento.
Agli inizi del 1944 e durante la Seconda Guerra Mondiale, i fratelli Luigi e Gori aderiscono al Comitato di Liberazione Nazionale, Luigi come Presidente del Comitato di Peccioli e Gori come membro della stessa organizzazione.
Luigi Bulleri ed Estevan Guiggi, due giovani attivisti del paese, sono mobilitati dal partigiano responsabile della zona operativa della Valdera, il Comandante Mannari, con il compito di costituire i Comitati di Liberazione Nazionale e gruppi armati per organizzare una resistenza contro i tedeschi. Lo scopo di questi Comitati è quello di cacciare i nazisti tedeschi dal nostro paese, riportando concordia e moralità nel popolo italiano. Si puntava alla ricostruzione dell’Italia, mettendo da parte sentimenti di vendetta, perché si credeva che sarebbe stata la giustizia stessa a punire i colpevoli. Il Comitato di Liberazione Nazionale a Peccioli è costituito da: Giuntini Renato (per la parte intellettuale), Pizzirani Federico (per l’organizzazione), Merlini Gino (per l’amministrazione), Passerotti Francesco (per le responsabilità militari), Luigi Bulleri ed Estevan Guiggi (per le responsabilità politiche).
Tutto il lavoro viene svolto nella clandestinità, in particolare sono organizzate all’interno del Comitato di Liberazione Nazionale di Peccioli, tre squadre di azione (dette brigate o commandi) a cui è affidato un compito delicato e pericoloso: armare le brigate partigiane costituitesi, requisendo le armi ai repubblichini. Tramite un incontro segreto con Guiggi e Bulleri in Piazza del Carmine a Peccioli, un capo fascista viene convinto a far consegnare a Francesco Passerotti i fucili sequestrati dal Comitato di Liberazione ai repubblichini. Di queste armi entrano in possesso i patrioti che le tengono fino alla Liberazione del paese, avvenuta il 14 Luglio 1944, e dopo vengono prelevate dal governatore americano per essere paracadutate più a nord ai compagni partigiani che operavano nelle zone ancora da liberare.
Il giorno 20 luglio 1944, secondo gli ordini del Governatore del Comando militare alleato, il Sindaco, dott. Giovanni Sannazzari, il primo sindaco del paese dopo la Liberazione, nomina con proprio atto i seguenti cittadini a far parte della Consulta Municipale: Merlini Gino (impiegato comunale), Giuntini Renato (studente), Bulleri Luigi (capo Ufficio unico Sindacale del Comune), Pizzirani Federigo (impiegato privato), Guiggi Estevan (impiegato privato), Fiorentini Angiolo (commerciante), Di Sandro Giovacchino (commerciante), Monsignor Merlini Giuseppe (Proposto).
Alle prime elezioni comunali dell’Italia Repubblicana, avvenute in questo Comune il 24 marzo 1946, Luigi Bulleri viene eletto Sindaco di Peccioli. E’ nominato Sindaco durante l’adunanza in Seduta Pubblica del 30 marzo 1946 nei cui verbali si riporta: “Il Sindaco, Signor Luigi Bulleri, prima di iniziare la seduta, che è la prima dopo circa venti anni di amministrazione podestarile, rivolge brevi parole di saluto ai nuovi consiglieri, invitandoli a dedicarsi ognuno al bene dell’amministrazione, al di sopra di ogni ideologia politica, affinché, nel clima di riconquistata libertà, l’amministrazione popolare dia i suoi larghi frutti a prova degli amministrati e del popolo tutto”. Si dichiara alla unanimità l’eleggibilità dei consiglieri eletti dal popolo alle elezioni. Dopo di che (alla presenza degli scrutatori Giuntini Romolo, Giuntini Renato e Paperini Giuseppe) si provvede a nominare il Sindaco, gli Assessori, gli Assessori supplenti (Polidori Ivo, Ticciati Ezio, Giuntini Romolo). Con diciannove voti favorevoli e quattro astenuti viene eletto Sindaco il Sig. Bulleri Luigi, gli Assessori effettivi: Giuntini Romolo, Lupi Aurelio, Simoncini Galiberto, Baragatti Erino, Giuntini Renato, Frateschi Giovanni. Il Sindaco eletto, Signor Bulleri Luigi, ringrazia i Consiglieri per la fiducia in lui riposta.
Luigi Bulleri, Sindaco del popolo, molto amato dalla gente, capisce che l’Italia si potrà ricostruire solamente nella riconciliazione e non nella vendetta, governa aiutando senza distinzioni tutti i cittadini per risollevarsi dopo una guerra così devastante, difendendo anche le famiglie dei fascisti e cercando di trovare con esse una pacificazione. Durante il suo mandato da Sindaco (dal 1946 al 1951) si provvede alla ricostruzione di via Carraia, ferita dai bombardamenti della guerra e alla ricostruzione del ponte sull’Era, che era stato minato dai tedeschi in fuga. Si provvede alla costruzione dell’acquedotto per Montelopio e Ghizzano e Cedri e alla progettazione degli edifici scolastici di Ghizzano e Legoli e della scuola media di Peccioli. Si realizza anche l’impianto di energia elettrica su tutto il territorio comunale.
Purtroppo, una malattia incurabile si porta via Luigi alla giovane età di cinquanta anni (1961), lasciando ragazzi i figli Angelo, Ivan, Tania. Al suo funerale si mobilita tutto il paese e anche un nutrito gruppo di persone provenienti da luoghi circonvicini, di ogni estrazione sociale e politica, proprio per testimoniare il fatto che tutti riconoscevano a Luigi un alto valore morale, l’onestà e l’intelligenza di un uomo giusto.
L’articolo è tratto da un’intervista ad Angelo Bulleri, realizzata il 17 ottobre 2020, dalla nutrita documentazione storica e fotografica fornitaci dai figli di Luigi Bulleri, Ivan e Angelo e dal volume di Estevan Guiggi, “Peccioli nella Resistenza”.
[1] Il “Sogno di Carzano”, conosciuto anche come “Fatto di Carzano”, si verifica durante la Prima Guerra Mondiale nella notte del 18-19 settembre 1917, tra l’esercito italiano e quello austroungarico, e vede l’accordo tra il Maggiore italiano Cesare Pettorelli Lalatta e il Tenente Ljudevit Pivko, sloveno e irredentista, che diviene un informatore segreto dell’esercito italiano.