L’edicola di
Via del Carmine a Peccioli, all’angolo di Via Marconi, è contenuta in una
nicchia ad ogiva presente nel muro del Palazzo Fondi Rustici e raffigura la
Madonna nell’atto
di calpestare una falce di luna. Si tratta di una terracotta policroma
invetriata purtroppo versante in pessime condizioni di conservazione, la cui
manifattura non ci è nota e la cui datazione presunta è il XIX secolo (compiuta
per raffronto con statuette di altre edicole). L’immagine di questa edicola è
già presente in una cartolina di Peccioli viaggiata nel 1912 (la foto è di
inizio secolo), dove è raffigurata l’entrata del paese dalla parte di Via
Pisana. Il piano della strada all’epoca era molto più basso, dunque
l’immaginetta si stagliava in altro molto al di sopra della testa delle
persone. Troviamo un esemplare piuttosto simile nei colori all’interno del
territorio di Pomarance, probabilmente si tratta della stessa manifattura della
nostra.
Maria è la Madre del Verbo e della Luce che illumina
la via di tutti i cristiani, come racconta Giovanni in un verso del suo
Vangelo: «Veniva nel mondo la luce vera che illumina ogni uomo» (1, 9). Nell’iconografia
classica, che si afferma dopo alcune variazioni tipologiche, la luna calpestata
da Maria, Vergine dell’Immacolata Concezione, unica donna in grado di
sconfiggere il peccato originale e concepita immune da esso, è in genere una semplice
falce direzionata verso l’alto per raccogliere i doni celesti. L’iconografia della
nostra immaginetta trae origine da un verso dell’Apocalisse di Giovanni
Evangelista «La donna e il serpente» (12, 1) che recita: «Nel cielo apparve poi
un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e
sul suo capo una corona di dodici stelle».
La donna dell’Apocalisse ha infatti tre segni
distintivi: è vestita di sole, con la luna sotto i piedi e coronata da dodici
stelle; un’iconografia semplice, ma che diventa ben presto popolare. Il tema
appare a cavallo fra la fine del ‘400 e i primi anni del ‘500. Il prototipo
della Vergine dell’Apocalisse come Immacolata si trova già nelle incisioni di
Dürer del 1498 e, se nella raffigurazione della Vergine dell’Apocalisse si
tolgono le ali della donna, la scena del Bambino portato via dall’angelo e, al
posto della bestia a sette teste si mette il serpente dell’Eden con spesso in
gola il frutto della tentazione, si avrà un’immagine dell’Immacolata che a
partire dal XVI sec. si moltiplicherà all’infinito.
Il tipo iconografico che si afferma è quello che si
ritrova anche a Peccioli, quello di una Maria in piedi, giovane e bella, con i
capelli sciolti, che poggia sulla falce lunare. La Vergine ha una veste gialla
poiché è illuminata dai raggi del sole nascosto dietro di lei: le dodici stelle
sul suo capo, delle quali, nel nostro caso, sette sono visibili e tiene le
braccia e le mani raccolte sul petto in posizione orante.
In questa tipologia iconografica, talora, con la luna
è presente anche il serpente, a volte attorcigliato intorno alla falce del
satellite lunare.
Il serpente, specialmente nelle immagini più moderne è
sempre in posizione di sottomissione totale alla Madre di Dio, che gli calpesta
il capo, in segno inequivocabile di vittoria del bene sul male, dell’Immacolata
Concezione sul peccato originale, della purezza e dell’innocenza sulle passioni
più cupe.
Il serpente ci ricorda un verso tratto dal libro della
Genesi: «Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal
Signore Dio. […] Allora il Signore Dio disse al serpente […] Io porrò
inimicizia tra te/ e la donna,/ tra la tua stirpe/ e la sua stirpe;/ questa ti
schiaccerà la testa/ e tu le insidierai il calcagno» (3, 1-14-15).