La cronachetta di Legoli
CRONACHETTA INEDITA DI FATTI MIRABILI AVVENUTI PER OPERA DELLA SACRA IMMAGINE DELLA MADONNA DELLE GRAZIE DI LEGOLI E TRAMITE L’UNZIONE CON L’OLIO DELLA LAMPADA.
Nota di fatti mirabili operati dalla Santissima Vergine Maria in quest’oratorio, sotto il titolo della Madonna delle Grazie di Legoli, registrati da me Prete Antonio Francesco Martino Fantozzi, indegnissimo custode di medesimo, per ordine di Monsignor Illustrissimo e Reverendissimo Lodovico Pandolfini, Vescovo di Volterra, mio Superiore.
Protesta dello scrittore
Sebbene i fatti che da me in questo saranno registrati non li voglia che appoggiati alla fede umana, con tutto ciò assicuro il lettore che saranno accompagnati da una integerrima fedeltà, mentre questi, o saranno caduti sotto la mia piena cognizione, o pure mi saranno stati riferiti da chi fù ricevuto le grazie, o sì vero almeno da persone degne di fede, dichiarandomi in oltre che resteranno esposti senza minima alterazione, tenendo per certo che altrimenti facendo, disgusterei quella, che vera Madre di grazie si chiama.
In nomine Domini.
Confesso la mia negligenza di dar principio a scrivere i fatti mirabili occorsi in quest’oratorio, mentre per causa di questo restano occulti molti prodigi operati dalla Santissima Vergine nei due anni scorsi, con la privazione di molta gloria all’istessa Vergine e non poca consolazione dei divoti, e prego altresì i benigni lettori ad arguire, da ciò che leggeranno, quello che il papato può dir successo, come dimostrano innumerabili voti si sa essere smarriti e quelli che, già appesi nell’oratorio si vedeno, per mio attestato, dai beneficati, siccome le grazie spirituali quinci dispensate alla nostra amorevolissima e clementissima Madre, le quali solo note sono agl’occhi di Dio. In oltre mi protesto di lasciare alcune cose in un profondo silenzio, per degni rispetti, mediante li quali me ne credo scusato appresso Maria…
A dì 4 agosto 1733. Sabatino Barzottini, abitante in Cerbana, stando aggravato dal male da molti giorni, la notte antecedente risvegliato come da profondo sonno si raccomandò alla Madonna delle Grazie di Legoli, e prese subito miglioramento. Ordinò alla sua moglie e figli, che lo guardavano, che fatto giorno, già che sentì esser di notte, venissero a quest’oratorio a visitar per esso la Sacra Immagine e facessero per esso celebrare la Santa Messa. Fù tutto eseguito da sua moglie, e da una fanciullina sua figlia, o garzona, e da indi in poi andò sempre migliorando, e poi perfettamente guarì, e venne a render le dovute grazie.
A dì 5 del mese e anno suddetto. Successe questo prodigio nell’oratorio medesimo, cioè che vidde ardere la lampada senz’olio, siccome nei giorni passati arse con la pura acqua che in fondo si suol mettere; e per dare qualche relazione più distinta di questo fatto, deve sapersi che l’anno fù scarsità d’olio, onde poco se ne fece d’elemosine, e per conseguenza, poco poté tenersi accesa la lampada. Fù per altro più volte dalla devozione delle pie persone messo nella medesima l’olio, ma siccome nell’andar de’ mesi, sempre più scarseggiava, così non n’era più portato. Se non che una pia persona per un suo particolar bisogno, ricorrendo alla Madonna Santissima, a la messa di luglio, empì la lampada, la quale tenendosi accesa nell’ore determinate, e solite, consumato alla fine l’olio, si ridusse alla detta acqua. Fui avvisato da quei di casa della mancanza, e la mia risposta fù, che se faceva lume l’accendessero. A i primi d’agosto mi fu replicato l’istesso, e soggiunto che era consumata l’acqua, e che accendendosi si sarebbe abbruciato il sugherino, e sarebbe scoppiato il vetro, ed io pur risposi, senz’avvertire a mistero alcuno che se faceva lume seguitassero ad accenderla, e ciò si faceva, e si fà ogni sera ha le ore 22, e spesso anche la mattina specialmente nell’Inverno, nei quali tempi sono frequenti le visite dei Paesani, tanto che s’arrivò al di’ 5 d’agosto, Festa delle Necci, la sera avanti mi fù fatto istanza se la mattina seguente doveva accendersi la lampada, già secca, e risposi che sì, e così fù fatto; andando per celebrare la Santa Messa osservai che la lampada risplendeva con chiarezza da me non mai più veduto, e come appunto fosse stato il sugherino all’orificio del vetro con perfettissimo olio. Celebrai, e dopo, restato solo, osservai la lampada realmente secca, e riflettendo che mi haven detto haver bruciato nei giorni passati con l’acqua, presi l’ampolla, e destramente versai nel vetro tutta quell’acqua che v’era rimasta, e viddi galleggiare il sugherino senza punto risentirsi, come giusto fosse stato olio, e seguitò a bruciare al solito. Onde volendo io far caso del prodigio, senza mia notizia fu polita la lampada, e pieno d’olio tutto io Antonio Francesco Maria Fantozzi posso asserire, siccome asserisco con mio giuramento, mentre non sia stato ingannato in qualche modo a me incognito.
A dì 4 settembre dell’anno detto. La Signora Giovanna Fabrichesi di Montefoscoli havendo ammalati i suoi figlioli gravemente, in tal maniera che il Signor Giuseppe era quasi spedito dai Medici e dopo ammalandosi essa ancora, con replicate visite fatte fare a una Fanciullina a questa Sacra Immagine, dove faceva celebrare due Messe ogni volta che mandava, recuperarono i figli, ed essa la sospirata Sanità. Furono a render le Grazie, e con modo speciale il detto Signor Giuseppe, e mandò sei ceri di libbra in donamento.
Nell’anno 1735 fù a Montefoscoli un Predicatore di distinta fama, il Signor Antonio Conti Sacerdote, e Cappellano della Cattedrale di Colle, che con la dolcezza e Dottrina si guadagnò il concorso di tutte le vicinanze e desiderando i Paesani rimostrarle il loro gradimento, determinarono i Confratelli della Venerabile Compagnia di S. Sebastiano portare alla Processione di Penitenza, dal sudetto Signor Conti stabilita il Venerdi Santo, l’Immagine miracolosa del Sacro Crocifisso di quella Compagnia, e i confratri di San Michele Arcangelo, fare una Solennissima Festa alle Reliquie de’ Santissimi Martiri, che in quella Venerabile Compagnia si conservano, e questa Festa fù fermata nel 3° giorno di Pasqua di Resurrezione che in quest’anno cadde il dì 12 Aprile giorno, ab antiquo, determinato per solennizzarsi la Festa in onore di questa Sacra Immagine di Madonna SS.ma alle Grazie. Saputoci per tanto una tale determinazione fù modestamente reclamato da chi n’era incumbenza, tanto più che ciò si sentiva male da i devoti, ma fu risposto che sentendosi già sparsa la voce, non poteva farsi altra determinazione, e che più tosto si differisse questa della Madonna delle Grazie: onde successe che solennizzandosi l’una e l’altra per haver questa, oltre l’antichità, obbligo fisso di Messa in tal giorno successe che quì fù il solito concorso, per che mancando da quelle parti restò supplito da altre quello che la sera avanti tirò i morti a Montefoscoli poco ne mancò che ne restò morto da uno di essi, dopo patì prigionia per essere uscito di fresco un bando non per andare noti che non si potesse tirare senza licenza, fu necessario che spendesse per liberarsi dalle carceri, e questo seguì con lunghezza di tempo. Chi haveva hauto parte a detta festa, più speciale patì mortificazioni chi in un modo, chi nell’altro. Il detto Signor Antonio Conti poi s’offerse di venire con altro soggetto a sé eguale otto, o dieci giorni avanti all’altra Festa, che quì si fà solennemente per la Natività di Maria per infervorire il Popolo alla divozione, ma non hebbe effetto il ditto desiderio per motivi ragionevoli.
A dì 4 maggio 1735 il predetto Signor Francesco Tamberi Cappellano della Venerabile Compagnia dell’Assunta di Peccioli gravemente ammalato, e spedito da i medici, mandò a raccomandarsi alla Santissima Vergine in questo Oratorio, facendo quinci celebrare la Santa Messa, onde subito prese miglioramento e poi, sebbene a stento, guarì perfettamente e il dì 15 settembre, ottava della Natività, fù in persona a renderle grazie, con celebrare nell’Oratorio la Santa Messa da sè medesimo.
A dì 2 luglio dell’anno sudetto. Il Signor Alfredo Martino Gambini di Montefoscoli gravemente ammalato, e spedito dai medici per una caduta precipitosa da una cateratta di sua casa, mandò a raccomandarsi a questa Sacra Immagine, e fece celebrare delle Messe nell’Oratorio e onto coll’olio della lampada, prese miglioramento e finalmente guarì il dì 8 settembre, nel sollennizzare la solita Festa venne in persona a renderle grazie confessandosi, e comunicandosi.
A dì 23 settembre dell’anno detto, in questa notte a le ore quattro, sendo un tempo stranissimo, principiò a cadere acini di grandine ben grossa per lo che principiando a suonare la campana della Madonna cessò in instanti la grandine, e successe un’acqua così proficua per l’ore specialmente che s’hebbe fuori d’ogni speranza, a causa del seccore competente raccolta di vino, e assai buono, poi che dopo fù accompagnata da continuo sole.
Noto esser fama che suonandosi la detta campana ne’ i temporali, e pericoli di grandine, con questa resta dissipata, o pure si discioglie in acqua e che dopo il 1700 un anno che il Signore volle gastigare i Paesani ( è questa la loro oppinione ) ricorrendo alla Madonna e suonando la campana in simil congiuntura, si strappò la fune, e cadde grandine in tanta copia, che tolse tutte le raccolte che si trovavano nelle campagne: siccome è pur fama, che ricorrendo alla Santissima Vergine in questo Oratorio con recitare le sue Litanie per nove giorni in tempo di seccore, non passano questi che non s’habbia l’acqua, come al contrario cessa questa quando si ricorre nella troppa abbondanza e quello che la fama decanta proprio io medesimo ottense con l’esperienza in questi nove anni continui.
A dì 3 ottobre dell’anno sudetto, il Reverendo Signor Domenico Cecchini di Fivizzano fù a render grazie alla Santissima Vergine in questo suo Oratorio dove celebrò e portò due candele d’once quattro, per haver ricevuto dalla medesima l’infrascritta grazia. S’ammalò gravemente l’anno 1734 scorso nel mese di Ottobre nella pieve di Guastalla, dov’era Parroco, per l’incomodi sofferti, e per il fetore degl’innumerabili cadaveri lasciati insepolti per alcuni giorni nell’assedio che soffriva Mantova dalli Spagnoli, e ridottosi in agonia tentato gagliardamente di Fede, e raccomandatosi, e fattosi raccomandare a i Santi suoi novorati, e fatte celebrare molte Messe, né giovando per la sua liberazione, finalmente si rivolse con Fede a Maria Santissima a cui Dio voleva s’attribuisse la sua liberazione, tanto nell’Anima, quanto nel corpo e proferì queste parole: “Maria Santissima delle Grazie di Legoli aiutatemi”, e con maraviglia incontinenti restò libero dalla tentazione, prese respiro, e d’indi in poi andò sempre migliorando, tanto che risanò perfettamente. Tutto questo egli medesimo attestò nel sudetto giorno appresso di me.
La notizia che questo Sacerdote acquistò di questa Sacra Immagine fù occasione d’essere stato Maestro di Scuola per 4 anni continui in questo Castello.
A dì 22 febbraio 1735. Michele Barbieri di Legoli, nel ritorno da Peccioli passando il Roglio, fù portato dalla corrente, sendo il fiume grosso, di circa 90 braccia, e liberato dalla Santissima Vergine, com’egli disse, ne fù a ringraziare la medesima in quest’Oratorio, dove fece celebrare la Santa Messa.
Nell’istesso tempo fù portato dalla corrente anche Sabatino Barsottini abitante in Cerbana, per molte braccia, e fù liberato, com’egli asserì dalla medesima Santissima Vergine, quale fù a ringraziare in questo Oratorio, dove fece celebrare la Santa Messa e fece altre dimostrazioni di gratitudine.
A dì 3 giugno 1736. Si ridusse agl’ultimi periodi di vita N. figlia di Lorenzo Mencacci, e di N. Orazini sua moglie, e oppressa la sua Madre dal dolore, con Fede esclamò: “Santissima Vergine questa grazia non me l’havete a negare, e voglio adesso andare a Legoli a visitarvi”, e istradandosi fù ritenuta dalla persona di sua casa, e da altre di fuori, ed esortata ad haver pur fede in Maria Santissima che l’averebbe riceuta la Grazia senza muoversi, come appunto accadde instantaneamente, come fù asserito da più persone che ivi si trovavano.
A dì 8 detto. Caterina di Francesco Lisi, fanciulla molto divota di Maria Santissima, e già a lei votiva, facendola manuala nel ricrescimento che attualmente si faceva di questo Oratorio, con quattro muratori nello scavar l’arena di là alla casa già rovinata detta comunemente lo ‘Spedale del Centofanti, dopo detta l’Ave Maria del Mezzogiorno, stando anche in ginocchio restò sotterra da una rovina di terra, in tal maniera la trovarono a fatica ritrovandola dopo tre quarti d’ora in circa, e asseriscono le persone che in gran numero accorsero all’infausto caso che sopra il capo dov’era il meno carico e’ haveva circa un braccio di terra, in oltre siccome non sapevano da qual parte della rovina ella fusse, fù calpestata da molte gente, dalla quale, come che non si trovava, si mossero alcune fanciulle, e presentatesi nell’Oratorio davanti l’Altare alla Santissima Vergine con sospiri e lacrime recitarono le Litanie nel fine delle quali li fù scoperto un ginocchio, indi il capo e finalmente fù disotterrata tutta livida, e pesta, senza dar segni di vita, ma usateli varie diligenze e, cavatali la terra di bocca, diè un tenue respiro, e Fatta visitare dal Signor Chirurgo Corsini, dal medesimo le fu cavato sangue per il braccio destro, e fatta riserva di pericolo mortale. li si replicarono nel giorno vari accidenti, e dibattimenti, e intanto a le ore 17 dal Sacerdote Francesco Leoni li fù amministrata l’estrema Unzione, e fatta la raccomandazione dell’Anima, credendoci tutti in circostanti ch’ella passasse all’altra vita a l’ora di notte fù onta con l’olio della Lampada dell’Oratorio, e prese subito miglioramento, e sempre più andò di bene in meglio tal che il dì 10 che fù giorno di Domenica, poté assistere a due Messe, al Vespro e all’altre Funzioni, e gionto poi il tempo di segare la campagna, andò al solito, e tirò l’opra come l’altre sentendosi solamente qualche aggravio di spalle.
“Io Padre Francesco Leoni affermo con mio giuramento esser vero quanto sopra, ed in Fede, mano propria”.
A dì 28 luglio 1736. Onta con l’olio della Lampada una Fanciulla del Signor Cipollini di Peccioli fù liberata da varie vessazioni interne, così testificò il Reverendo Signor Martino Gotti in quel Tempo economo di detto Luogo, da cui fù mandato a pigliare l’olio, e fù fatta l’onzione.
A dì 29 settembre dell’anno sudetto. Onto con l’olio della Lampada il Signor Carlo Focardi, Reverendi Priori Gesuiti in Montefoscoli, con fine sedare di calcoli, cotta e altri interni, dopo poi ore gettò felicemente un calcolo, la notte riposò, e andò sempre migliorando, e ne mandò regalo d’otto falcole d’once 4 l’una.
A dì 28 marzo 1737. Onta con l’olio della lampada Maria Maddalena Bernardeschi nella gola, dove pativa d’un male che la riduceva a termine di morte, subito principiò a migliorare, e poi guarì in quest’anno. Tolomeo Figlio del Signor Romualdo Nozzolini in età d’anni tre presa una fiaschetta di polvere, versandola sopra un caldano di fuoco, e levando fuoco tutto rimase esso senza lesione, nè cagionò alcun danno in casa, e riconoscendolo per miracolo dalla Santissima Vergine, a cui era votivo, ne portarono la tavoletta, che si vede essere nell’Oratorio.
A dì 22 ottobre 1738. Caterina Bartalozzi, moglie di Tommaso Scardigli di Legoli, si ritrovò in pericolo grave d’aborto, ma raccomandandosi alla Madonna Santissima delle Grazie, diede alla luce, di parto immaturo un bambino, quale si Battezzò.
A dì 14 febbraio 1738/39. Sendo aggravata dal suo solito male la detta Maria Maddalena Bernardeschi, non potendo parlare e chiedendo con cenni d’esser onta con l’olio della Lampada, onta che fù in poch’ore fece capo il male, e in pochi giorni guarì perfettamente.
A dì 5 detto. Fù mandata una donna da Giovanni Domenico Sardi Cavaliere in Corsano, atto alla Cura di Montefoscoli, a far celebrare una Messa nell’Oratorio, e a pigliare un poco d’Olio della Lampada, stando esso egli disperato da i Medici per un male grave, di cui ne pativa da più di tre anni in qua con febbre, onto per tanto col sudeto olio li si partì la febbre, e nell’altro suo male ne provò alleggerimento, tanto che il dì 21 venne a render le grazie in quest’Oratorio, dove fece le sue Divozioni.
Noto che s’è fatta osservazione, ed io per nove anni l’attesto di mia esperienza, che ongendosi gl’ammalati con l’olio della Lampada di quest’Oratorio, se questi devono guarire subito pigliono miglioramento, se poi ne presto passano da quest’all’altra vita, ed è questo in tal credito che non solo da i circonvicini ma anche da paesi lontano spesso n’è andato a pigliare.
1738
Comparve in quest’anno del mese di settembre detto il Signor Cosimo Geri di Rosignano e portò in regalo alla Santissima Vergine in quest’Oratorio sei ceri d’una libbra per ciascheduno in ringraziamento per non sò qual grazia riceuta per mezzo di questa sacra Immagine.
A dì 29 aprile 1739
Si principiò a mettere in ordine calcina e materiali per proseguir la Fabbrica dell’Oratorio, come appunto si diede principio a questa il dì 4 maggio, e si terminò fino al tetto inclusivo il dì 16 Giugno del medesimo anno, occorsero in questo tempo prodigi degni di memoria, che da me solamente saranno accennati per non esser troppo diffuso, per raccontarne minutamente e no il più rimarcabile. Fù primieramente preservata dalla rovina di un muro vecchio, alto, d’un residuo di casa, detta lo ‘spedale, Francesca, figlia di Giovanni Centofanti, fanciulla di circa 14 anni, la quale passando di sotto a quello, con un corbelletto di rena e avvisata a salvarsi, ritiratasi indietro restò il corbelletto sotto la rovina e essa illesa n’uscì sana e salva. Nel luogo della rena, trovata a dirimpetto quasi della fabbrica, spesso nello scavar la medesima rovinarono falde di mattaione, sotto il quale era la rena medesima, a questo seguiva, e quando non c’era alcuno, o pure quando erano fuori dallo scavo toccando spesso leggermente or le manovale che la portavano, ma quelli che la scavavano, senza mai nuocere ad alcuno.
La notte del dì’ 23 maggio con una gran rovina si ricoprì in tal maniera lo scavo fatto, che non si potè più scavar rena.
Il dì’ 29 del detto mese di maggio ritrovandosi in penuria di lavori quando, tanto che si discorreva di lasciare il lavoro imperfetto, perché non n’era ne’ pure alle fornaci circonvicine, quelli che scavavano materiali a l’ora di mezzo giorno s’incontrarono in una quantità così grande di mattoni, e in specie di mezzi mattoni così politi, che per ben descriverli mi servirò della voce comune, con dire che pareva un’intera fornace di lavoro, onde con un viva universale allegramente, si proseguì la Fabbrica. I muratori lo caricavano di materiali, con una mandata, come dicevano essi in questa forma: distribuirono dieci persone sopra la scala, le quali l’una porgeva all’altra i materiali, e i quattro muratori ricevevano sopra il ponte il lavoro, e lo distribuivano a i quattro luoghi del lavoro, che lavorasse ciascheduno; quando circa le ore 22 si fiaccò all’improvviso un albero che serviva da traversa del medesimo ponte, e in sequela rovinò tutto il ponte con i materiali, che facevano. Dirò così in mezzo a questa rottura, il rumore fù grande, li strepiti e pianti grandissimi, tanto che corsero subitamente tutti li paesani, ma ancora molti, che erano fuori alla campagna.
S’invocava da tutti l’arrivo di Maria Santissima che certamente ne audì i gemiti di ciascheduno, poichè tutti si trovavano neri anche da minimo fregio. Ma certo Salvadori che faceva in questa fabbrica da capo maestro, come altrove si dice, che era Sopra il ponte, come già si disse, si trovò in terra senza sapere come fosse asceso, e caduti due altri muratori, con un figlio del primo Antonio di circa 16 anni si trovarono abbracciati alli pali che fitti in terra reggevano i ponti, e Maestro Zanobi Taddei altro muratore andò col doccio delle pietre, e materiali con una tavola, la quale si fermò in pari sopra una travetta che più giù era restata sola alla reggenza del penultimo ponte, già disfatto. Esso restò come sbalordito, ma fattosi animo, e fattasi riconoscenza l’assistenza della Santissima Vergine, ritornò perfettamente in sé, e il giorno seguente con tutti gli altri tirò avanti lavori ora felicemente. Né quì finisce il prodigio, poichè Maestro Antonio suddetto non vedendo il suo figlio minore sopra nominato, lo credé gia morto sotto la gran massa di pietre, e salì là onde, invocando il nome SS. di Maria, con maggior pianto, e voti diceva “mio figlio dove sta” senza avvertire il pericolo, e senza dar retta a chi gli si dimostrava. Andò a caminare, là sotto la massa, havendo tanto sopra il capo gran quantità di materiali pendoli, quali non si sà questi come si reggessero nell’aria; in tanti o gridando il figliolo: mio padre son quì, mio padre son quì come per gli altri li dicevano, veduto il figliolo, vidde ancora e conobbe il di lui pericolo, e li fù di motivo di lodare e ringraziare doppiamente la Beata Vergine alla quale lasciò in riconoscimento qualche porzione di sue fatiche.
Io detto Antonio Francesco Maria Fantozzi lì fui presente e asserisco ad mio giovamento la veridicita’ dei fatti, in fede mano propria.
Io Detto Francesco Leoni Maestro di scuola di detto luogo fui presente al suddetto caso, e asserisco quale verificamento in tutte e tre le sue parti, ed in fede mano propria.
A dì 12 giugno 1739 si principiarono le Litanie. La pioggia, il dì 14 nell’ore delle 24 nel tempo che si dicevano le suddette Litanie principiò a piovere, e non comparve la grandine, che in altri luoghi lontani devasta le campagne, e di più nei posti circonvicini.
A dì 3 settembre 1740 intorno alle ore 3 e mezzo di notte principiò a grandinare e appena principiò a sonare la campana dell’oratorio in istanti cessò la grandine.