L’uva colombana, nettare pecciolese da 1400 anni
Secondo la leggenda fu un santo irlandese, San Colombano, a donare nel 600 d.C. agli abitanti di Peccioli il primo vitigno, da cui nacque la rinomata uva. Si narra che proprio nel giorno della sua morte, Colombano pregò i suoi discepoli: “che un carico di codici e di arredi, di icone e di doni, partisse sulla via di Pietro e si fermasse dove che fosse ispirato da Dio e con esso – sua croce – dolce segno di comune radice, di tralci ripetutamente potati…”. Le parole del Santo non rimasero vane, i discepoli si tramandarono negli anni tale insegnamento giungendo nelle loro peregrinazioni in numerose località italiane. Quando giunsero a Peccioli, 620-660 d.C. presso la Pieve della Piappina, trovarono una terra sana e un popolo ricco “d’un cuore d’oro e d’una fede viva e generosa” capaci e pronti a ben accogliere la Vite di San Colombano. Da allora il vitigno, conservato e tramandato anche in periodi sfavorevoli, è coltivato sulle colline intorno a Peccioli, e quest’uva bianca è l’unica che viene ricordata come Uva Colombana di Peccioli fin dai tempi antichi.
L’uva colombana è una cultivar da tavola dal chicco rotondo non molto sodo, di colore ambrato a maturazione. Ha un sapore dolce e un odore fruttato molto intenso. Si produce a settembre, è rigorosamente raccolta a mano, ed è confezionata in cassette di legno. L’uva colombana è una cultivar che per la sua consistenza e per il contenuto zuccherino si presta ad essere conservata fino all’inizio dell’inverno, in locali arieggiati tipici delle campagne della zona (ciglieri), appesa, unitamente ad un tralcio, su travi di legno dove i contadini erano soliti appendere, nei diversi periodi, oltre all’uva anche pomodorini “da serbo” e cipolle. Nella tradizione viene ricordato di conservare l’uva almeno fino a Capodanno poiché “Chi mangia la Colombana il primo dell’anno conta soldi tutto l’anno”.
La colombana era nota, oltre che per la sua bontà, anche per le sue proprietà curative. Agli inizi del ‘900 arrivavano infatti a Peccioli dal mese di settembre e da tutta la Toscana, in particolar modo da Firenze, intere famiglie, rimanendovi per una settimana, per “la cura dell’uva colombana”, per disintossicarsi e per rinforzarsi prima dei rigori dell’inverno, poiché le erano attribuite proprietà disintossicanti e ricostituenti.
L’apice del suo commercio fu raggiunto a metà ‘900, con mille quintali di uva raccolta al giorno, destinata a mercati ortofrutticoli italiani (Firenze, Genova, Milano) e stranieri (Jugoslavia e Inghilterra). In seguito all’introduzione sui mercati di uve da tavola meridionali con anici grandi e con noccioli piccoli, la produzione dell’uva colombana è andata in declino, essendo caratterizzata da anici piccoli con molti e grandi noccioli.
Oggi stiamo assistendo a una riscoperta dell’uva colombana da parte di aziende che puntano alla valorizzazione delle peculiarità del territorio e che la utilizzano nel processo di vinificazione, come uva da taglio in percentuali non superiori al 50%. Inoltre, grazie al suo contenuto molto zuccherino, viene utilizzata per la realizzazione di passiti, vin santo e grappe.
Alcune preparazioni tradizionali prevedevano l’utilizzo dell’uva colombana come ingrediente nel castagnaccio, nel buccellato, nel mallegato, nella cacciagione e nella schiacciata.
A questa varietà di uva è dedicata la Sagra di San Colombano che si tiene a Peccioli, nel mese di ottobre.
Secondo Soderini (1600) le “S. Colombane” danno “un buon vino di colore molto pallido ma di gran possa” e sono identiche alla “Verdea piacentina” ed afferma anche che se sono innestate sulle “Moscadelle” diventano più delicate e più odorose. L’abate Malenotti (1815) scrive che questo vitigno è originario di S. Colombano, territorio di Lodi nel milanese, e ne esisterebbero due varietà: una ad uva bianca ed una ad uva rossa. Il vitigno è ricordato da Betti (1851), accademico Georgofilo, da Targioni-Tozzetti (1858) ed è presente in diverse collezioni presentate alla Pubblica Esposizione della R. Società Toscana di Orticoltura (1858). La Commissione Ampelografica del Comizio Agrario di Firenze descrive un “S. Colombano” (1869) e Di Rovasenda (1877) nel suo saggio cita un “S. Colombano bianco” ed uno ad uva rossa. Nell’indagine del Ministero dell’Agricoltura e Foreste, Cosmo e Forti (1962) descrivendo la “Verdea” affermano che in Toscana è meglio nota come” Colombana bianca”, “Colombana di Peccioli” o “San Colombano”. Il pittore mediceo Bartolomeo Bimbi (Basso, 1982) raffigura un “S. Colombano” molto simile a quello reperito nella zona di Peccioli.
PANE CON L’UVA COLOMBANA
Le donne che andavano a raccogliere l’uva si portavano il pranzo da casa. Spesso esso consisteva in tocchi di pane a cui poi accompagnavano gli acini dell’uva colombana che andavano a raccogliere. Si racconta che le donne che partecipavano alla raccolta si ritrovavano a centinaia nella piazza di Peccioli per raggiungere le vigne. Il massimo del commercio di questa qualità di uva fu raggiunto a metà ‘900, quando mille quintali di uva al giorno raggiungevano mercati ortofrutticoli italiani e stranieri.
MALLEGATO CON L’UVA COLOMBANA
Altri piatti tipici del territorio erano il mallegato con l’uva colombana e la crostata con l’uva colombana di Peccioli.
Il mallegato è un insaccato del territorio pisano preparato con il sangue di maiale coagulato e passato al setaccio con l’aggiunta di uva colombana essiccata, sale, pepe e spezie varie. E’ un prodotto del territorio molto prelibato e gustoso.
Ingredienti:
1 budello di mallegato; farina, uva.
Preparazione:
Tagliare il budello a rotelle di circa 1 cm, passarle nella farina e in una padella con l’olio di oliva. Quando saranno ben arrosellite (colorite) passarle in un foglio di carta gialla in modo da togliere l’olio in eccesso. Servire in un piatto da portata e cospargere con acini d’uva. Sarà un ottimo pasto, sicuramente molto insolito per i più.
DOLCI:
CROSTATA DI UVA COLOMBANA DI PECCIOLI
Ingredienti:
1 kg di farina, 5 tuorli di uovo, 70 g di burro, 40 g di zucchero, scorza di limone grattugiato, vaniglia, marmellata di uva colombana.
Preparazione:
Mescolare bene il burro con lo zucchero, aggiungere i tuorli d’uovo, la farina e gli aromi. Amalgamare il tutto e far riposare l’impasto per alcune ore. Stendere la pasta con un mattarello e adagiarla su una teglia da forno. Stendere uno strato consistente di marmellata di uva e cuocere in forno a 180° C per 30-40 minuti.
Le ricette a base di uva colombana sono tratte dal volume San Colombano itinerario gastronomico a cura di Tatiana Battaglia, Lorella Ferretti, Elena Laura Francesconi, Maria Teresa Volpi.