Le cooperative di consumo erano società a scopo di lucro presenti in modo capillare sia in grandi città che in piccoli borghi, che si diffusero a partire dalla seconda metà dell’800 (nel 1854 l’Associazione generale degli operai di Torino costituì la prima cooperativa di consumo). I soci eleggevano i consiglieri e chi vi lavorava era un dipendente, che poteva percepire uno stipendio mensile minimo con una percentuale sulla base delle vendite, oppure uno stipendio standard senza l’aggiunta di percentuale. Anche Ghizzano aveva la sua, la “Cooperativa di consumo San Germano”.
Il nome, rimasto invariato nei decenni, deriva dai patroni del paese, San Germano e Prospero, a cui sono dedicate anche la chiesa e la piazza su cui la cooperativa si affacciava. All’atto di apertura nel 1902 il presidente era Giuseppe Venerosi Pesciolini e il segretario Don Giovanni Piccini.
Nella licenza redatta dai consiglieri possiamo leggere che cosa era possibile vendere: dai prodotti alimentari ai vestiti, dalle scarpe ai prodotti per animali, dai prodotti agrari a quelli di ferramenta. Negli anni questa tendenza a tenere “di tutto” si perse: nei paesi limitrofi si erano diffusi negozi di ferramenta e di agraria e le persone preferivano recarsi nelle botteghe specializzate. Inoltre, le cooperative di consumo non potevano rincarare il prezzo dei beni venduti più del 30% oltre all’iva, e questo provocò un’accesa concorrenza con gli altri due esercenti di alimentari presenti a Ghizzano. Gli orari, invece, erano a scelta libera del/della dipendente anche se sono rimasti invariati dall’inizio alla fine dell’attività.
Una delle dipendenti veterane della cooperativa è Liana Falossi. Liana nasce a Ghizzano il 10 dicembre 1948, paese in cui ha sempre vissuto e dove abita tutt’ora. Da giovanissima iniziò a lavorare come operaia nella confezione calzaturiera di Giuseppe Lisi, aperta a Ghizzano nel 1972: l’uso prolungato del mastice le provocò alcuni problemi di salute, per cui fu costretta a dimettersi una volta incinta. Lavorò, poi, da casa fino al 1986 per la confezione “Rimar”, cucendo vestiti per bambini. A metà degli anni ’90 iniziò a lavorare in cooperativa dove rimase 20 anni, fino alla pensione. A suggerirle l’idea fu Giuse, la precedente dipendente. Le due si conobbero perché Liana si recava spesso a fare spesa in cooperativa, dove si fermava per qualche chiacchiera. E si sa, una chiacchiera tira l’altra e da cosa nasce cosa.
Liana apriva tutte le mattine alle 7:30, per la consegna dal pane, e restava aperta fino alle 13, poi dalle 17 fino alle 19:30. L’unico giorno di chiusura era il mercoledì pomeriggio.
Nei primi anni che Liana lavorava alla Cooperativa il presidente era Cafiero Campani e i consiglieri erano: Gianfranco Umiliani, Arfiero Baldini, Gino Lisi, Daniele Nencioni, Italo Baldini.
Liana racconta che preferì uno stipendio fisso, quindi senza percentuale, perché le vendite non erano molto consistenti. Dal 2000 in poi, soprattutto dopo l’entrata in vigore dell’euro, gli incassi della cooperativa subirono un rapido calo. Decise pertanto di tenere solo i generi alimentari, un po’ di ferramenta (solo qualche chiodo e bulletta in caso di necessità dei paesani), le ciabatte per l’estate e le pantofole per l’inverno, rinunciando così alla vendita dei vestiti. Per le calzature si riforniva dal Marmugi a Forcoli, scambiava numeri e colori a seconda delle richieste; mentre per la frutta e la verdura contava su un ingrosso, sempre a Forcoli.
Inizialmente le vendite andavano bene, i clienti erano tanti e Liana stava volentieri al pubblico. Poi nel 2005, la triste decisione di lasciare: i clienti erano sempre meno, passava solo qualche signore anziano che aveva problemi di spostamento e qualche familiare, ed era nato il secondo nipote. Era giunto il momento di dedicarsi a fare solo la nonna (la prima nipote era cresciuta per due anni in cooperativa). Fondamentalmente non c’era più un giro sostanzioso. Il guadagno era minimo, non riusciva a coprire le spese con i guadagni, i grossisti volevano riscuotere subito e talvolta i soldi non erano sufficienti perché gli anziani non avevano ancora riscosso e quindi non avevano pagato.
La cooperativa venne chiusa definitivamente nel 2007. Dopo Liana sono succedute altre due cassiere: Luana con Paola Onnis e infine Carla. Purtroppo non c’erano più le condizioni per continuare a stare aperti, non era presente il bagno, negli ultimi anni pioveva dal soffitto, tanto da dover stare con l’ombrello aperto all’interno nei giorni di consistente pioggia. A Ghizzano erano presenti altri punti vendita di generi alimentari. Tre alimentari e due macelli: la cooperativa, l’alimentari di Eligio Campani in Via mercantino e un bar-alimentari del Guerra in Via Di mezzo. I Macelli erano uno del Frangioni in Via Di Mezzo e l’altro in Via Mercantino dei Menciassi.
Con la chiusura della cooperativa se ne ve un secolo di
storia dei piccoli borghi, fatta di scambi, persone e racconti di vita.