Baldassarre Audiberti e la croce di Fabbrica
Al viaggiatore attento non saranno certo passate inosservate le numerose e bizzarre croci munite dei simboli della Passione di Cristo, perlopiù di legno, talvolta in ferro, che costellano la campagna toscana. Collocate in prossimità degli incroci, vicino a una piccola chiesa o a un convento o ai bordi di un campo, osservano, semplici e austere, il passaggio dell’uomo e del tempo.
Una di queste croci è presente anche nel territorio comunale di Peccioli: si trova sulla strada che da Fabbrica va verso Montelopio ed è conosciuta dagli abitanti delle due frazioni come Croce di Raimondo.
La maggior parte di queste croci fu installata nella prima metà dell’Ottocento da un “pellegrino penitente” molto amato dai suoi contemporanei e considerato un santo. Questo pellegrino diceva di chiamarsi Baldassarre Audiberti, detto anche il Buon Uomo, il Santo delle Croci o Baldassarre da Vercelli.
Baldassarre Audiberti comparve nel centro Italia in età matura e rimase sempre misterioso verso chi gli chiedeva notizie della sua gioventù. Lo stesso parroco di Ottavo (Ar), che lo aveva ospitato per più di cinque anni, fece scrivere sulla sua lapide “apparve nelle nostre contrade uomo misterioso nominato Baldassarre Audiberti”. Questo fece nascere molte dicerie: ci fu chi lo dipinse come un ex ufficiale napoleonico che aveva partecipato alla decisione di far ghigliottinare il re francese Luigi XVI; altri dissero che era un ex vescovo francese che aveva fatto parte della Convenzione, ma sempre implicato nella morte del re. La prima ipotesi derivava dal fatto che nella stampa più conosciuta Baldassare venisse ritratto con una palandrana militare, un soprabito della fanteria francese. Di Baldassarre abbiamo, infatti, due immagini che lo ritraggono, appartenenti a due periodi diversi: una di queste lo rappresenta seduto con indosso un cappotto lacero, un vecchio cappello a larghe tese in testa, il breviario in mano e al petto un crocifisso; nell’altra immagine è ritratto in piedi vestito con una palandrana militare rattoppata e lunga fino ai piedi, con un crocifisso da tavolo nella mano destra e la sinistra raccolta davanti alla vita. Il capo è scoperto e i capelli sono piuttosto lunghi.
Anche l’ipotesi che sia stato un vescovo francese che aveva giurato fedeltà alla repubblica non ha alcun riscontro documentario. Egli veniva descritto dai suoi contemporanei come “un uomo antico di aspetto venerando, di volto macero e scarno, di capelli canuti ed incolti, vestito di nero, di fini panni ma già logori e rappezzati”. Un uomo quindi basso di statura, di struttura piuttosto debole, magro e patito, la carnagione giallastro-scura, il volto scavato, molto magro e pallido.
La sua presenza in Italia è testimoniata a partire dal 1793, dove afferma più volte di essere originario di Vercelli. Il 17 aprile 1825 venne fermato dalla Polizia fra Castelfranco di Sopra (Ar) e Reggello (Fi) e accompagnato dal Vicario di San Giovanni Valdarno al quale dichiarò “io sono Baldassarre del fu Giacomo Audiberti, sono di Annotone in Piemonte, ho 65 anni…”. Per dimostrare la veridicità delle sue affermazioni Baldassarre presentò due carte che testimoniavano la stessa cosa (una Fede rilasciatagli il 7 dicembre 1819 dal tribunale di Poppi e firmata dal locale Podestà, e un Certificato del Priore di Camaldoli del 27 aprile 1819). Nel 1826 Baldassarre venne di nuovo fermato dalla polizia, condotto al Tribunale di Pontassieve e, interrogato dal locale Vicario, dichiarò “Mi chiamo Baldassarre Audiberti, mio padre si chiamava Giacomo, sono nativo di Anottone nel Piemonte, in provincia di Vercelli, ma sono 30 anni almeno che abito in Toscana…”. In altre due occasioni Baldassarre disse però che la sua patria è Piacenza (quando venne ricoverato presso l’Ospedale di Arezzo nel luglio 1798 e nel febbraio-marzo 1802).
Grazie a recenti ricerche storiche è stato possibile ricostruire la sua identità e conoscere le vicende della sua vita prima del suo arrivo in Italia. Il suo vero nome era Balthazar Honnoré Audibert, nato ad Annot (Alpes de Haute Provence) in Francia, il 6 gennaio 1761, figlio di Jacques André e di Marguerite Sauvan. Entrò in seminario di Glandèves (oggi Entrevaux), negli Anni Ottanta del Settecento diventò prêtre e nel 1788 fu vicario del parroco di Ubraye, cappellano della chiesa di Rouainette. Vi rimase fino al 1791, quando giurò fedeltà alla Costituzione Civile del Clero. Lasciò la Francia nello stesso anno o in quello successivo; il motivo probabilmente va ricercato nel giuramento alla Costituzione condannata da papa Pio VI[1]. Non sappiamo se lasciò la Francia di volontà o fu costretto a scappare, evidente però è il riserbo che mantenne per il resto della sua vita sul proprio passato[2].
Intorno al 1793 si diresse verso Roma, vestito di panni neri e con un grande cappello nero di feltro, percorrendo le strade più solitarie. Comparve poi in Toscana ormai trentenne. La prima tappa fu Firenze, poi risalì le colline di Fiesole e si ritirò in quei boschi per nuovi digiuni e nuove penitenze. Dopo Fiesole fu la volta della Verna, di Camaldoli e di Vallombrosa, quindi, disceso nel Valdarno, nel 1795, lo troviamo a Pian di Scò a innalzare, per la prima volta, croci. Da qui percorse tutto il Valdarno, verso Arezzo fermandosi qua e là dove i parroci lo ospitavano facendogli innalzare croci. Nel luglio 1798 lo troviamo ricoverato per due settimane all’ospedale di Arezzo per “languore con febbre”; una volta dimesso ripartì per il suo pellegrinaggio diretto a Città di Castello, poi Cesena, Ravenna fino ad Ancona, e da qui al santuario di Loreto nel 1799.
Di Baldassare si perdono le tracce per qualche tempo, che corrisponde all’invasione francese della Toscana, per poi ritrovarlo il 4 febbraio 1802 ricoverato nuovamente all’Ospedale di Arezzo, dove rimase fino al 19 marzo 1802.
Verso il 1814-1815 tornò a Roma da dove partì nuovamente per Viterbo, Orvieto, Città della Pieve, Chiusi, Sarteano, Montepulciano, Pienza, il Monte Amiata, il Senese e la Maremma. In tutti questi luoghi innalzò croci “a tutt’uomo”. Durante l’epidemia di tifo del 1816-1817 lo troviamo impegnato in opere di assistenza nella Maremma grossetana, nel volterrano e nelle campagne intorno a Pisa. Nel gennaio 1818 tornò verso Camaldoli, dove rimase, in qualità di oblato, quattro mesi fino al 27 aprile 1819 quando, munito delle credenziali del priore Don Adriano Riana, “per sue indisposizione di salute, riconoscendosi impotente a perseverare in questo rigido clima, di sua propria volontà se ne parte eleggendosi, confidato dalla Divina Provvidenza di commutare lo stato di Solitario in quello di Divoto Pellegrino”.
Da lì si avviò verso la pianura pisana e sui colli di San Miniato, piantando ovunque croci. Baldassarre rimase diversi anni nei dintorni di Firenze; nel 1831 venne chiamato dallo stesso Granduca Leopoldo II per pregare al fine di intercedere per la guarigione della moglie Maria Anna di Sassonia gravemente ammalata.
Da qui ripartì verso Monte Casale (San Sepolcro), Monte San Savino, Cozzano, Incisa Valdarno, dove la sua presenza è testimoniata nel 1840.
Nel 1841 arrivò a Fabbrica dove operò il prodigio raccontato dall’Isolani: “E nel territorio di Fabbrica, in un appezzamento denominato “Catinaccio” di proprietà di Antonio Modesti, vi è una sorgente le cui acque sono di un giovamento straordinario per i dolori reumatici. È tradizione che questa fosse fatta scaturire miracolosamente da certo Baldassar Eremita nel 1841 mentre passando di lì un uomo a cui aveva chiesto di bere, era andato ad attingere l’acqua ad una fontana vicina. Di questo uso singolare, si raccontano da prove oculari altri fatti straordinari durante il suo soggiorno in Fabbrica”.
Nel 1846 tornò nuovamente sull’Amiata dove, ormai seguito da grandi folle, costruì numerosissime croci.
Le sue condizioni di salute iniziarono a peggiorare, tanto che già nel 1847 fu portato in giro “con pie persone sopra un legno”, fino a che, dopo una malattia, rimase infermo presso la canonica di Ottavo (Ar), dove si presero cura di lui e che divenne luogo di pellegrinaggio “non solo di devoti che volevano pregare. Venivano gli storpi, i ciechi, gli ammalati, i peccatori, sia ricchi che poveri, umili e potenti (tra cui nel 1848 per la seconda volta anche il Granduca Leopoldo II). Chi chiedeva consiglio, chi conforto, chi preghiere per il corpo e per lo spirito, chi lumi sul futuro”.
Baldassarre morì a Ottavo l’8 luglio 1852. Non venne sepolto il giorno successivo, ma venne imbalsamato ed esposto per quattro giorni in chiesa per dare modo all’immensa folla di portargli l’ultimo saluto.
Secondo studi teologici sulla sua figura, Baldassarre Audiberti predicava un movimento di penitenza e di riparazione per placare l’ira di Dio che si sarebbe manifestata tramite una lettera miracolosamente data da N.S. all’Arcangelo Gabriele, e da esso ad un giovanetto di anni sette, da questo spiegata miracolosamente con la voce, perché muto.
Le croci attribuite a Baldassarre Audiberti sono 183, di cui 79 certe.
Le aree con un cospicuo numero di croci di Baldassarre sono l’Amiata, il Cetona, il Valdarno Superiore, l’area fra Prato e Pistoia, l’area fra Pisa e Volterra. Tracce del suo passaggio sono in Valdichiana, nei dintorni di Siena, in Casentino, in Valtiberina, nei dintorni di Fiesole, nella zona di Lastra a Signa, nella Maremma grossetana, in Lucchesia, sulle Apuane, a Vetralla, a Gualdo Tadino. In alcuni luoghi sopravvivono toponimi come “la Croce di Baldassarre” e addirittura a Fabbrica “la Fonte di Baldassarre”.
Le croci di solito venivano innalzate in luoghi particolari, come incroci, bivi, siti di chiese diroccate, cimiteri, cigli di campi. Ai lati della croce venivano spesso piantati due o quattro o più cipressi. La croce era infissa su un piedistallo in pietra e spesso, magari in seguito, una targhetta incisa ricordava il nome dell’innalzatore. Le croci erano di legno e molte di esse portavano tutti i simboli della passione: chiodi, scala, lancia, spugna, canna, corona di spine e, in cima al montante, un gallo. Le croci dell’Audiberti non seguivano un modello unico ma seguivano le usanze locali e la disponibilità finanziaria di coloro – privati, religiosi o comunità parrocchiali – che ne sovvenzionavano la realizzazione. Da fonti locali sappiamo che non era Baldassare a realizzare materialmente le croci – almeno in vecchiaia – ma artigiani locali.
Nel comune di Peccioli il passaggio di Baldassarre Audiberti è testimoniato dalla leggenda della sorgente in località Catinaccio, a Fabbrica, presso il poggio di Raimondo, lungo la strada che conduce Montelopio, e nuovamente a Fabbrica, presso il Podere Giardino (anche se la croce in questione è in ferro).
Nel 2011, grazie ad un’iniziativa congiunta tra Amministrazione Comunale, Soprintendenza BAPSAE per le province di Pisa e Livorno, Misericordia di Fabbrica, associazione “Il Granocchio” e Gruppo Fratres, la croce di Fabbrica è stata restaurata.
Il restauro, che è stato effettuato da Maria Teresa Leotta e Roberto Cei tra il gennaio e maggio 2011, ha svelato l’incisione, quasi cancellata dal tempo, della data (1841), del nome dell’autore, e la presenza di precedenti interventi di restauro.
L’opera si presentava in un pessimo stato di conservazione a causa di infiltrazioni d’acqua e di attacchi di insetti xilofagi, lo strato pittorico era fortemente compromesso, alcuni oggetti della passione si erano staccati ed erano stati conservati dalle famiglie vicine, oppure andati persi: molti simboli, alcuni anche molto recenti, non sono, infatti, originali. Nel 1954 è stata inserita una medaglia, protetta da un vetro tra la teca con il volto del Cristo e il cartiglio. Qualche anno prima dell’intervento di restauro del 2011 era stata inserita una contro croce in ferro a sostegno della struttura. Durante il restauro e lo smontaggio dei vari elementi della croce è stato ritrovato un bigliettino di carta posto tra la teca lignea e il tettino in rame che testimonia l’ultimo intervento effettuato nel maggio 1986 da Amelio Molesti “in memoria dei suoi cari”.
I restauratori hanno prima proceduto a un restauro consolidativo della struttura attraverso la sostituzione della vecchia croce di sostegno in ferro con una nuova. Poi hanno effettuato il restauro pittorico, che ha comportato l’asportazione di spesse ridipinture e ha permesso di riconoscere e verosimilmente datare le singole parti. Sono stati riconosciuti come elementi originali il peduccio, la veste e soprattutto il volto di Cristo che presentava ancora la pittura originale, con l’incarnato rosato e le tracce di sangue (in accordo con la Soprintendenza è stato realizzato un calco del volto in modo da preservare l’originale da eventuali danni da parte di agenti esterni). Dai frammenti di colore sui simboli originali, i restauratori hanno dedotto che in origine la croce era stata dipinta con colori forti e accesi, in accordo con la Soprintendenza, però, è stato deciso di rispettare la storicità del manufatto ripristinando l’ultima cromia. Il 29 maggio 2011 la croce è stata ricollocata sul suo basamento e sono stati riapplicati i simboli della passione, esattamente 170 anni dopo l’innalzamento operato da Baldassarre, ed è stato pubblicato in un prezioso opuscolo dall’Amministrazione Comunale.
Bibliografia
Santino Gallorini, Pellegrino verso il cielo. Baldassarre Audiberti il santo delle croci, edizioni Effegi 2010
Arnaldo Nesti, Terra Betinga quotidianità e istituzioni in Agliana nel Novecento, Allina ad silvam editrice, Agliana, 1988
https://www.toscanaoggi.it/Cultura-Societa/Baldassarre-Audiberti-un-martire-della-Rivoluzione 4 novembre 2018
https://rigutino.it/alla-ricerca-delle-croci-di-baldassarre-in-toscana/ 28 gennaio 2021
La storia di un restauro. La croce di Baldassarre eremita (30 maggio 1841 – 29 maggio 2011), Peccioli 2011
[1] La Costituzione civile del clero, progetto Martineau, fu presentata il 21 aprile 1790 dall’Assemblea nazionale francese e approvata il 12 luglio successivo, per regolamentare la vita della Chiesa sul territorio nazionale. Prevedeva: il riordinamento delle diocesi in base ai dipartimenti (furono così soppresse 52 diocesi, da 135 a 83, e ridotto di molto il numero delle parrocchie), la retribuzione da parte dello Stato di vescovi, parroci e vicari, l’elezione democratica dei vescovi e dei parroci, da parte delle assemblee dipartimentali (così come per qualsiasi altro funzionario statale), l’obbligo della residenza sotto pena di perdita della retribuzione.
Il 10 marzo 1791 papa Pio VI condannò la Costituzione Civile del Clero e il 13 aprile dichiarava sacrilega la consacrazione di nuovi vescovi, sospendeva vescovi e preti costituzionali (“preti giurati”) e condannava il giuramento di fedeltà.
[2] Molti preti e vescovi fuggirono all’estero, altri furono cacciati dalla Francia. Dai documenti, nel Dipartimento delle Basses Alpes, risultano émigrés tre vescovi e quasi duecento sacerdoti. Dall’aprile 1791 nei documenti di Rouainette compare un altro sacerdote e non c’è più il prêtre Balthazar Audibert. Da successivi documenti Balthazar appare in una lista degli émigrés del Dipartimento e per questo motivo furono sequestrati beni immobili ai suoi genitori. Probabilmente, come il suo vescovo e altri ecclesiastici della sua diocesi anche Balthazar fuggì in Piemonte, forse proprio nel territorio di Vercelli, italianizzando il nome, il cognome e il luogo di nascita: «Annotone» è alquanto vicino nella pronuncia ad Annotains, come si chiamano gli abitanti di Annot. Da Vercelli, Balthazar, ormai diventato Baldassarre, iniziò a muoversi peregrinando.