Se qualcuno domandava “Chi è Giovanni Casati?”,
probabilmente la maggior parte dei Pecciolesi non avrebbe saputo rispondere. Ma
se chiedeva: “Chi è Bazzino?”, allora non trovavi persona che non avrebbe
saputo farlo, perché Bazzino era un personaggio la cui popolarità superava i confini
locali. A Bazzino volevano tutti bene. Ed era difficile immaginare Peccioli
senza di lui. Piano piano era diventato parte stessa del paese: una strada, una
casa, una istituzione. Ecco: Bazzino era veramente un’istituzione paesana. Da
giovane aveva fatto il calzolaio, come gran parte dei Pecciolesi molti anni fa.
Poi, quando il lavoro cominciò a mancare perché altrove le scarpe si facevano a
macchina e più a buon mercato, aveva preso a vivere facendo i più vari servizi:
consegnava qualche avviso in campagna, badava al cavallo del vecchio conte
Pesciolini, faceva il fattorino del telefono, il facchino, l’attacchino. In
fondo alla giornata, questi lavoretti, qualche risuolatina di scarpe, fatta a
“scappatempo” (è proprio il, caso di dirlo), gli procuravano il necessario per
lui e per la sua Albina.
Chi gli affidava un incarico poteva dormire fra due
guanciali. Di una onestà a prova di bomba, si sarebbe fatto a pezzi per
assolvere le incombenze che gli venivano date. Bazzino aveva, però, un certo
viziarello, una cosetta da poco… Era un fedele, forse tra i più devoti di
Bacco. Cominciò ad esserlo, diceva, a ventidue anni quando cioè impalmò Albina.
“Prima il vino non mi piaceva!”. Forse fu al pranzo di nozze che cominciò ad
apprezzarne le qualità. Da allora ne aveva bevuto, in media, lo raccontava lui
stesso, un fiasco e mezzo al giorno. Ogni anno, quindi, la bellezza di
cinquecentodieci fiaschi, litro più litro meno. Aveva ottantuno anni nel 1953,
quando ridusse a un fiasco la dose giornaliera a causa di una malattia (prima
di allora mai una linea di febbre). Per oltre sessanta anni, dunque, un fiasco
e mezzo al giorno. Vogliamo fare un po’ di conti per vedere quanti ne ha bevuti
in quel periodo? Forse è meglio rinunciare, perché verrebbero fuori cifre da
capogiro e non riusciremmo a immaginare fin dove si arriverebbe se allineassimo
i fiaschi bevuti tutti in fila! Bazzino cominciava le sue “preghiere” a Bacco
al mattino, dopo colazione, di solito con un quarto di litro. Poi tra il
mangiare del mezzogiorno e quello della sera, arrivava tranquillamente al
fiasco. Durante la giornata, però, i numerosi servizi che faceva gli fruttavano
altri “quartini” perché spesso veniva pagato così. Se poi gli capitava di
andare in campagna da qualche contadino, allora gli mettevano il fiasco
davanti… Tuttavia, era difficile vederlo sbronzato perché il vino lo “reggeva”
bene. Vederlo bere era un piacere. Riempiva il bicchiere con calma, senza
agitare il fiasco, secondo le buone regole; guardava controluce il prezioso
liquido, si umettava le labbra con la lingua e poi, giù piano piano, senza
staccarsi fino in fondo, assaporandolo… Un rito solenne!
Se qualche volta, per scherzo, gli offrivi un’aranciata,
Bazzino ti guardava di sotto in su, dall’alto in basso, da destra a sinistra,
con i suoi occhietti luminosi e d eloquenti: “Ma per chi mi pigli?”. Una sera
che era più su del solito lo accompagnarono a casa perché da solo non ce
l’avrebbe fatta. Giunti davanti alla porta gli amici gli chiesero la chiave.
Bazzino prese a frugarsi con cura, ma la chiave non usciva. Alla fine tirò
fuori un “toscano”. “Questo è un sigaro! – gli dissero – ci vuole la chiave”.
Bazzino ricominciò a cercare in tutte le tasche e in tutti i taschini, ma dopo
un po’ ritirò fuori il “toscano”. “Se questo è un sigaro – disse – allora ho
fumato la chiave!”
Prima dell’avvento del fascismo, Bazzino apparteneva al
vecchio partito monarchico, era anzi, il portabandiere della sezione di
Peccioli. Per lui il re era una divinità e quando Vittorio Emanuele III, nel 1929,
tenne a Peccioli un discorso per inaugurare il monumento ai caduti, Bazzino,
essendo stati soppressi tutti i partiti, fece tanto e poi tanto che riuscì a
partecipare al corteo, tutto vestito di nuovo, con non so quale bandiera.
L’11 novembre, San Martino, era una festa particolare per
Bazzino e qualche bicchiere in più era d’obbligo. Durante una di queste feste,
moltissimi anni fa, i carabinieri misero in guardina un suo amico monarchico
come lui, perché anche lui aveva alzato il gomito un po’ più del dovuto.
Bazzino si presentò alla caserma e chiese la liberta per l’amico. “O fuori lui
o dentro io!”. Naturalmente non ottenne nulla e fu messo alla porta. Quello di
dentro, che aveva saputo dell’interessamento dell’amico, si commosse e in preda
ai fumi dell’alcool, prese a chiamarlo a gran voce:
Bazzinoooo!
Errioooo! – rispondeva Bazzino di fuori.
Viva il Reee! – faceva quello di dentro.
Viva il Reee! – rispondeva Bazzino di fuori.
Questo duetto si ripeté a lungo, fino a che i carabinieri
tolleranti, anche loro in festa per quelle ricorrenze, rimandarono a casa
quello di dentro.
Tratto da Mario Bartoli, “Quattro chiacchiere sulla storia di Peccioli”