L’opera più importante all’interno del Museo di Arte Sacra è una tavola della seconda metà del Duecento, dipinta a tempera e oro e raffigurante San Nicola e storia della sua vita, attribuita con buona certezza a Michele di Baldovino.
Il santo è raffigurato in posizione frontale, munito di barba, arricchito dagli attributi del vescovo: la mitra e il pastorale, rivestito di un piviale decorato con cerchi e al centro un’aquila imperiale, emblema di Pisa ghibellina. Ai quattro lati del santo si trovano delle scene della sua vita. Adesso ci chiediamo cosa ci faccia un’opera raffigurante San Nicola a Peccioli. Stando a quanto afferma un’iscrizione sul retro del quadro “questa tavola di pittura rarissima rappresenta San Verano abate, patrono di Peccioli, ove per secoli fu in dotazione. Nel 1852 fu venduta a Giuseppe Toscanelli. Nel 1881 il proprietario la donò al Comune di Peccioli con preghiera di ritornarla alla adorazione dei fedeli e dei devoti cattolici”. Nonostante quanto affermato da questa iscrizione il santo raffigurato non è san Verano, ma come si è visto San Nicola e inoltre la decorazione del piviale con l’emblema dell’aquila ghibellina è chiaro indizio della provenienza dell’opera da Pisa e forse più precisamente dalla chiesa intitolata allo stesso santo. Ma che cosa può aver fatto nascere tutto questo equivoco? Si è già detto che in origine nella chiesa doveva trovarsi un’altra pala raffigurante San Verano martire, Vescovo di Tours, andata dispersa, trafugata o venduta, probabilmente nei lavori di ammodernamento del 1821. In seguito, per caso fortuito, sul mercato antiquario erano ricomparse tutte e due le opere (San Nicola e San Verano), ma il deputato Giuseppe Toscanelli, proprietario della Villa La Cava di Treggiaia e di un palazzo sul Lungarno di Pisa, trovandosi davanti a due opere tra loro molto simili, e non conoscendo puntualmente la vita dei santi, finì con lo scegliere il quadro sbagliato (quello di San Nicola). Fu così che il San Nicola arrivò a Peccioli, mentre il San Verano finì in una collezione privata milanese e poi da lì passò alla Pinacoteca di Brera (Milano).