Percorrendo le strade e i chiassi del paese, con un’attenta osservazione, si possono riconoscere molti dettagli seminascosti che ci riportano alle antiche vicende e agli antichi proprietari che in passato hanno vissuto in quegli stessi luoghi. Ad esempio, ci sono tracce di famiglie Pisane prima e Fiorentine dopo. Tra queste, alcune hanno contribuito a fare la storia, partecipando, con alcuni loro esponenti ad avvenimenti importanti. Un elemento nel quale si distinguevano le varie casate è senza dubbio l’arme, ovvero lo stemma. In esso si concentrava la rappresentazione della potenza familiare, delle sue imprese e delle sue parentele. L’araldica si sviluppa con la cavalleria ed ebbe la sua massima espressione durante le crociate, quando i crociati arrivarono in Terrasanta compresero che non era possibile mantenere la sola distinzione della croce per tutto l’esercito. Si rendeva necessario quantomeno distinguere i corpi dell’armata per nazionalità e così i vari eserciti assunsero la croce diversamente colorata: quello italiano l’ebbe azzurra; quello tedesco nera od oro; quello francese rossa (e poi bianca); quello inglese bianca (e poi rossa); i fiamminghi ed i sassoni verde. Ma anche queste differenziazioni nelle insegne si rivelarono presto insufficienti, poiché nel turbinio della battaglia i cavalieri, armati di tutto punto, erano irriconoscibili, mentre necessitava, con sicurezza, individuare quali cavalieri si distinguevano per coraggio, o quelli che evitavano il combattimento per viltà. Si dipinsero allora dei particolari segni distintivi per ciascun cavaliere, il quale, da quel momento in poi, sarebbe stato identificato per mezzo delle insegne che portava sul suo scudo (lo stemma ricorda infatti la forma dello scudo) e poi sull’elmo, sulla sopravveste e sulla gualdrappa del proprio cavallo. Per far ciò si adottarono gli antichi segni che esprimevano le famiglie, cioè quei simboli che ancora non costituivano un’arme, creando così un legame indissolubile tra il cavaliere ed il suo simbolo; un binomio che diede origine all’araldica, la quale venne a porre ordine in un complesso e variopinto universo simbolico costituito da una miriade di smalti, di pezze, di figure, per lo più fantastiche, e di partizioni o suddivisioni del campo dello scudo. Gli stemmi non avevano solo un significato militare, successivamente e, in special modo in epoca mercantilista, indicarono anche la potenza economica di quella gente, ad esempio, con un preciso simbolo iconografico si rappresentavano i prodotti che avevano costituito la fortuna della famiglia. Molteplici sono gli esempi di stemmi parlanti, così si indicano quelli la cui iconografia indica esplicitamente il cognome o le caratteristiche della famiglia, un gallo rappresentava la famiglia Galli, una pecora i Pecori di Firenze, una campana i Della Campana. Altri stemmi si arricchivano di simboli con l’evolversi delle imprese familiari, ad esempio, quello dei Casanova, che a Peccioli abitarono il palazzo in via Lambercione (lo stemma su questo palazzo è purtroppo andato perduto), la cui facciata principale è rivolta su Via del giardino. Il blasone è dipinto “D’azzurro, a un vascello navigante sul mare ondoso e attraversante una torre fondata su un’isola, da una feritoia della quale torre esce verso destra un destrocherio impugnante una chiave; il tutto al naturale e abbassato sotto il capo di rosso caricato di un cane corrente d’argento collarinato d’oro”. Si dimostra che fu fatta aggiunta da Guido di Casanova, nell’anno 1537, di una torre posta sotto il cane, con braccio d’uomo fuori da una delle finestre di detta torre, e con una chiave in mano. Situata sotto la torre, in mezzo alle onde del mare, si trova una nave da guerra. Secondo quanto si afferma nelle Filze di Giustificazioni di Nobiltà, nel 1537 Casanova di Guido aggiunse all’antico stemma della famiglia, ridotto a un capo, questa scena marinaresca, in ricordo della conquista fatta dal fratello Giovan Battista Casanuova di una torre dei Turchi. Su questa descrizione il nobile Enrico Ceramelli Papiani commentò: “Lo stemma dei Casanova vedilo nei libri d’oro di Pisa, perché troppo difficile da disegnare in questo loco” e sotto aggiunse: “Piuttosto che costruirmi un simile stemma avrei restituito la torre ai Turchi!